zingari | Danza e Musica Araba https://danzaemusicaaraba.com L'universo artistico del Medio Oriente Sat, 24 Aug 2019 18:12:58 +0000 it-IT hourly 1 Gli zingari egiziani terza parte https://danzaemusicaaraba.com/notioni-sugli-zingari-egiziani-terza-parte/ Thu, 29 Mar 2018 15:16:45 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=220 “Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto” Terza Parte di Giovanni Canova Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno. Quaderni del seminario...

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Terza Parte

di Giovanni Canova

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di Iranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

La festa. Ghawazee e Awalim

un gruppo di gitane

danze gitane

Nelle feste (farah, al plurale efrah, lett. gioia) di sotito c’é educazione (doq), anche se circola molto liquore e  hashish. Ma é pericoloso perché la gente spara in aria per l’eccitazione. Talvolta qualcuno ci rimette a pelle. Non é infrequente che le autorità proibiscano le feste incerte località, quando c’e stato un Tar, vendetta, per timore che la festa sia occasione di disordini.

Una volta le feste erano più modeste. Ci si faceva costruire da un falegname una cassa colorata, dove venivano messe dote e masserizie. Non c’era neanche il fornello (babur)! Il corteo (zaffah) era ravvivato da zammarin e raqqasin, ed iniziava nella casa della sposa per concludersi davanti a quella dello sposo. Ora invece viene usato un furgoncino ((tayutah,  “Toyota”) per portare i mobili, c’é la banda (mazika) e di sera c’é l’orchestra (ferqah) di  rababah o di mizmar. Una volta i contadini facevano le feste dopo il raccolto o pagavano con il loro prodotto, grano, mais, o davano un paio di lire egiziane, una ai musicisti o una alla ballerina. Adesso guadagnamo anche 100 lire egiziane per sera!  Il compenso é separato per i musicisti e le ragazze,  le offerte del pubblico sono però ripartite.

Le ballerine indossano un vestito con lustrini confezionato da loro stesse o dalle colleghe più anziane, che ormai non danzano più. Il costume tradizionale é quello che ancor oggi viene usato per la danza con il mizmar, é di origine “faraonica”.

L‘abito lungo usato per la danza con la rababah é invece nuovo. Qui in alto Egitto le ballerine si chiamano Ghawazee (sing.  Ghaziyah). Che differenza c’é con le Awalim (sing. almah)? Le awalem sono quelle della  città, della Mohammed Ali Street al Cairo. Non derivano da una famiglia di artisti. Ad  esempio, una ragazza fa l’amore con un tizio e si allontana della famiglia. Quello si prende  gioco di lei e la pianta, per vivere impara a cantare e a ballare e tira avanti in questo modo. Oppure ama un musicista, che la introduce nell’ambiente. Le Ghawazee invece sono  professioniste, nella loro famiglia ballano tutte. Da  noi non ci sono ballerini maschi sono solo nei grandi complessi, come la Ferqat Reda o la Ferqat Qawmiyyah.  La danza maschile era effettuata solo dagli arabi (= beduini). Si dispongono in una fila  (tabur) di 20-30 persone e danzano ritmando il tempo con il battito delle mani. Una ragazza velata, della loro stessa famiglia, balla dinanzi  a loro. Questo soprattutto più a sud, verso Edfu. Anche nelle nostre  feste talvolta ci sono ragazzi che ballano, ma sono solo degli  appassionati, non professionisti. C’é la raqset El Haggalah, fatta da uomini e donne della stessa tribù, gli arabi Sallum, disposti dieci da una parte e dieci dall altra.

la danza zingara

la danza gitana

Una volta i tatuatori venivano il giorno del mercato. Esponevano un pannello che costituiva il loro “catalogo” dei tatuaggi, per far scegliere al cliente. Gli uomini si facevano tatuare spade,  cavalieri, leoni ai polsi, upupe a fianco degli occhi…Le donne invece si facevano tatuare il mento, i polsi, il petto, nel mezzo, partendo dall’ombelico: una palma in senso verticale e ai lati, sopra il seno, due leoni.

In passato non c’era molto lavoro, cercavamo di guadagnare qualcosa nei Mulid (anniversari dei santi). In tale occasioni c’erano feste, danze, poeti, caffè, tutti i divertimenti. Andavamo anche ai Mulid dei cristiani, ai Mulid di San Giorgio  a Er Reziqat, presso Armant, il piu  grande del mondo. II governo ne ricava entrate per 100 mila lire egiziane. La gente sgozza pecore  in sacrificio: il vescovo ne prende un quarto, il convento e le guardie un quarto, e la  metà va al Wafq, al governo. Si lavora anche quando qualcuno parte e ritorna dal pellegrinaggio. Anche i cristiani ci chiamano per le loro feste di circoncisione o di nozze. Non c’è differenza. I cristiani e noi (=musulmani) siamo fratelli, gli ebrei sono figli di nostro zio. Il nostro comune progenitore è Ibrahim El Khalil (Abramo)”. Adesso però per il Hajj (pellegrinaggio), non ci sono più danze, ma di solito viene chiamato uno sheikh che organizza una Hadrah (o Dhikr). La banda, il mizmar o la rababah accompagnano poi il pellegrino e il corteo alla stazione”.

I musicisti e il canto epico

“Gli zammarin non sono della nostra gente, ma originari del posto; sono diventati musicisti di professione, ma il loro  padre poteva essere un fellah. Ci sono zammarin a Qoft e a Jarajos, e più a nord a Banja e Bardis. Alcuni sono andati al Cairo, come la fami- glia Al Hindi. Gli stili sono diversi, ma i migliori musicisti sono gli zammarin dell’ Alto Egitto.

Anche  i migliori suonatori di rababa sono dell’Alto Egitto. Una volta erano tutti mendicanti (shahhatin): passavano di porta in porta, si facevano dire i nomi o  altre informazioni e ci improvvisavano sopra delle lodi e dei complimenti, accompagnandosi con la rababa. In cambio ricevevano un po’ di cibo. Il musicista era solo, non in gruppo come adesso, e si spostava con un asino.

Anche i poeti che cantavano le gesta di Abu Zeyd Al Hilali giravano per i villaggi e le case di campagna. Radunavano la gente suonando per il paese con la rababa e poi organizzavano un’assemblea (rnajlis) in uno spiazzo, tutti seduti per terra. Lo sha’er (il poeta) iniziava la sua esibizione con una lode (madih) al Profeta, e cantava quindi un episodio del ciclo epico(sirah) dei Bani Hilal. I presenti offrivano qualche soldo, ponendolo in una ciotola messa davanti al musicista. Talvolta erano in due: il poeta con la rababa, accompagnato da un altro col tamburello. C‘erano poeti famosi come Hamdan, di giorno pescatore e di notte poeta. Si  esibiva qui a Luqsor durante il Mulid di Abu I-Hajjai. Ma i tempi sono cambiati: la gente adesso vuole canzonette, danze, cose insulse. Ci sono poeti con le rebabe o senza. Suonano nei caffé, nelle feste di matrimonio o di circoncisione, nei Mulid. Il ciclo epico piu famoso e più amato qui in Alto Egitto è quello di Abu Zeyd Al Hilali. Altre storie come quella di Anter ibn Shaddad o di Dhat El Himmah non sono She’r (poesie) ma racconti (Rivvayat)  tratti dai libri. Come le Mille e una notte, tutte storie da libri. Ci sono poeti fellah e poeti professionisti (=zingari). Jeber Abu Huseyn è il più grande poeta dell’Egitto. E’ di origine contadina, di un paese presso Sohaj. Un   poeta deve avere una bella voce, conoscere bene le poesie, eseguire con bravura il canto. Deve insomma saper eseguire le poesie nell‘ordine giusto (Nizam) con una buona tecnica (Ada’). Deve saper rnontare le parole (yerakkeb) e   fare una conclusione, in modo tale che l’ascoltatore sia invogliato a tornare la sera  successiva per vedere come va a finire.

Se uno come Jaber puo sposare una Nawarah? Se la nostra ragazza sposa un fellah non balla più: la fa restare in casa. Ma se sposa un artista può continuare a ballare. Jaber non è  un Fannan (artista di professione per tradizione famigliare) ma un  Ghewi (amatore). Si é messo in questo mestiere anche perché ha sposato una Maslubah e ha imparato la poesia.

Tra i Mataqil, i compianti Tawfiq e Qenawi, e i loro figli Shamandi e Mohammed sono stati bravi poeti. Anche tra i Masalib ci sono poeti, come Seyyed Ed  Duwi e Nadi Othman. “Sanno”  le poesie perché è il loro mestiere.

Anche una volta il poeta si chiamave Sha’er, sha’er es- sirah el- hilaliyyah. Ci sono anche altri poeti (cioè poeti dialettali o in lingua classica), come ad esempio Abd Er-Rahman el-Abnudi, ma questi non sono “poeti della rababa” o di Abu Zeyd. Il poeta non puo fare quelloche vuole. E’ necessario che segue la tradizione: al principio deve cantare le lodi del Profeta (yemdah) e la menzione di Dio (yedhkar). Solo adesso può iniziare con Abu Zeyd. Anche nella conclusione deve riprender il Madih iniziale. Ogni tanto puo interrompersi, per riposare, bere il caffe  o il tè; quando riprende deve iniziare ancore con un Madih. Il poeta che”afferra” direttamente l’episodio non  è Sha’er. Invece chi canta solo lodi al Profeta è un Maddeh, non uno Sha’ er. Sha’er e quello che declama le gesta degli Arabi, vera poesia è solamente la Sirah dei Bani Hilal”.

La lingua dei Nawar

danza gitana

danza zingara

“La nostra lingua d’origine é la persiana, ma poi si è modificata nel contatto con i Nawar e  con le altre genti. Per dire “Ma fish ‘esh” (non c’é pane),`loro dicono “Maku nan” (in Iraq maku= non c’e; in Persiano nan=pane), mentre noi possiamo dire “Makuwa nan”. Questa è pure lingua persiana, lo stesso vale per i numeri: yaki, dow, sos. ln Egitto non capiscono  questi numeri, perché è la nostra lingua. In Iran però li capiscono. Impieghiamo questo rotani (gergo) nel nostro lavoro. Ma i giovani ormai vanno a scuola, non vogliono più imparare la nostra lingua. Vogliono apprendere le lingue europee, per avere in futuro un buon posto. E  chi impara questo non vuole piu saperne del passato , vuol solo prendere un  diploma e impiegarsi. Così la nostra lingua andrà persa con  la nuova generazione”…. In questo rotani possiamo parlare di ogni cosa, é una lingua completa. La lingua dei Bahlawan é invece diversa. Gli Halab non hanno una lingua, ma solo parole contraffatte, senza fondamento. Anche gli zammarin hanno qualche parola gergale; ad esempio l’ancia del loro strumento si    chiama qeshshaya (paglia), chiamano la donna con questo nome! Invece il dischetto metallico dove va fissata l’ancia si chiama mat’am (luogo in cui si mangia), e cosi chiamano l’ uomo! Nella nostra lingua non c‘ é un nome per i suonatori di rababa o di flauto, né per la tablah. Chiamiamo gli zarnmarin “rnoramiyat el-malgam” (quelli che usano la bocca). Naturalmente ci sono molte cose nuove, che non esistevano nel passato; per alcuni oggetti costruiamo un nome, come per la radio, rnozanger (quello che parla) o l’orologio, moramit fawit (che indossa la mano).  l nostri nomi sono arabi Yusef, Musa… sono nomi antichi. Se ci sono parole con la ‘ain? Ce ne sono, come ‘amush (zio) e ‘azb (ghinea, lira egiziana). Anche la qaf esiste, ad esempio qanes (che sta in piedi). Noi parliamo come la gente dell’Alto  Egitto, con la gal (la qaf viene prenunciata “g” in alcune zone), con la jim (suone j dolce invece di gim dura come nel resto dell‘Egitto). Al Cairo pronunciamo la gim perché una volta un despota uccideva tutti quelli che pronunciavano la jim! Era all’epoca dei Greci. Non so se la nostra lingua sia mai stata scritta, non credo. Forse con l’alfabeto arabo-persiano. Se cerchi là in Kurdistan forse troverai qualcosa.

Nella nostra lingua possiamo dire qualunque cosa. Ma talvolta, ad  esempio se viene qualcuno per accordarsi su una festa e mia figlia dice una parola su cui non sono d’accordo, mi limito a farle un segno, un colpo di tosse o altro. Lei capisce, ma gli altri no, e così non si insospettiscono sentendoci parlare una lingua che non conoscono. In ogni caso tra di noi  parliamo ormai quasi sempre arabo (= l’arabo dell’Alto Egitto)”.

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Seconda parte

Giovanni Canova

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di lranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

Gli altri gruppi zingari. La leggenda di Az Zir Salem

danze nomadi

danze zingare

“ll matrimonio presso i Nawar dipende dalla Sharia’ah di appartenenza. Tra di noi la dote richiesta è limitata: quanto un Nawar prende in sposa la figlia dello zio o di un parente, non deve versare molti soldi. Ma se una ragazza Nawarah sposa uno che non è della famiglia, non balla più. Per questo al pretendente viene chiesta una dote elevata. I Nawar possono sposare Halab, Mataqil, Bahlawan…, avviene spesso. Questi ultimi sono di origine egiziana, vengono da un paese che si chiama Tilbanah. Sono arabi Bani Murrah e si sono dispersi in seguito ad una guerra avvenuta molto tempo fa. ll loro progenitore è Jassas. Suo nipote si chiamava Az zir Salem, ed aveva un fratello di nome Kuleyb, sposato con Jalilah figlia di Murrah. Questo Jassas uccise Kuleyb, il marito di sua sorella. Az zir Salem era un prode cavaliere, come Abu Zeyd el Hilaii o Antar lbn Shaddad. Era forte come Sansone, affrontava i leoni a mani nude. Quando seppe che Jassas aveva ucciso suo fratello, si mise a far strage tra i Bani Murrah, notte e giorno. Eresse palazzi con i loro teschi! Lo implorarono di smettere; rispose che lo avrebbe fatto solo quando suo fratello Kuleyb avesse detto “Basta”. Un morto che parla? Misero uno nella sua tomba. Az Zir Salem disse :”Kuleyb, ho ucciso migliaia di Bani Murrah, sei soddisfatto’?” E quelluomo rispose: “Basta, sono soddisfattol” Ma dal momento che aveva parlato, Az Zir Salem volle vedere suo fratello. Scese nella tomba e trovò quel tizio. lrato lo uccise, e cominciò di nuovo a fare scempio dei Bani Murrah. La gente della tribù invocò il suo perdono. Disse che chi voleva avere salva la vita lasciasse il paese. Erano i giomi dell’anarchia, non c’era govemo! Ogni tribù aveva il suo capo. I Bani Murrah potevano andarsene, ma a delle condizioni:

1 le loro case fossero “sul dorso degli asini”;

2 non accendessero il fuoco di notte;

3 le donne cavalcassero, ma gli uomini dovevano marciare a piedi dietro di loro;

4 non si fermassero nei luoghi abitati per più di tre giomi.

Questi furono gli ordini di Az Zir Salem, e quella gente accettò e si disperse. Sono i Bahlawan; lavorano con le scimmie e fanno i saltimbanchi, ballano sui trampoli. A Redesiyyah, presso Edfu, c’è un mausoleo dedicato a Az Zir Salem, come per un Wali, uno sheikh.

All’epoca dei sultani c’erano anche i Baramkah. Sono diversi da noi. Il barmteki, in origine, è come il ruffiano (a’rs). Entrano nelle case, invitano gli uomini a dormire con le loro donne. Bevono e restano con loro, e si fanno dare dei soldi. E’ per questa ragione che la parola Barmeki è diventata un insulto. Ora non ce ne sono più, sono cose del tempo dell’anarchia, quando l’uomo faceva quello che voleva, non temeva Dio.

I Salaltah invece sono Nawar. ll loro avo si chiamava Sallut; a un certo punto si sono divisi da noi e hanno preso il nome di Bani Sallut.

Gli Halab fanno i fabbri: forgiano forbici, coltelli, falcetti. Sono originari della Siria, da Aleppo, e sono qui in Egitto da molto tempo.

l Ghajar vivono più a nord, molti sono ladri.

I Mataqil invece sono originari del Sudan, una volta erano schiavi. ll loro avo si chiamava Merjan, ed ebbe per figlio Metqal, che a sua volta generò Qenawi e Tawfiq. Sono bravi suonatori di rababah, ma hanno imparato a suonare questo strumento solo qua in Egitto, meno di un secolo fa.

I Masalib sono diversi da noi. Maslub significa… Sai, il campo, può nascere qualcosa senza che tu l’abbia seminata? Cresce grano, ma col grano ci sono le erbacce, venute su da sole, maledette (sheytani). l Masalib sono cosi, non hanno né famiglia né arte (professione). Girano vendendo stoffe, commerciano in piccole cose, suonano.

Anche i Sayaydah sono Masalib. Vagano per i villaggi e per le campagne con un grande tamburo (tabl esh-sheikh) e una bandiera, suonano davanti alle case. Prendono il loro nomeda Sayyed Ahmed El Badawi, la cui tomba si trova a Tanta. Hanno una specie di licenza rilasciata dalla sua confraternita. Noi chiamiamo i Nawar Daman, gli Halab Hanjaran, i Masalib Daggawan”.

La musica e la danza

i gitani

gli zingari

“Ci sono tra noi musicisti di flauto (Ghab) e di rababah. I suonatori di oboe (Zammarin) sono invece di origine locale. ll flauto è lo strumento più antico. Una volta c’erano gruppi formati da due o tre flauti, di diverse dimensioni, rababah e arghul (Zummarah farsi). Dopo che ci insediammo nel paese, le ragazze nawarah divennero famose e cominciarono a ballare al suono del mizmar turki (oboe). Questo strumento è di origine turca. L’arghul invece è egiziano, e si chiama farsi solo perché è ricavato da una canna che porta questo nome (busfarsi), con la quale si fanno anche i flauti. Si compone di diversi elementi, che si possono togliere per accordarsi con la voce del cantante; di solito si usa questo strumento per accompagnare i mawwal. Per i ritmi, c’è il Tar (al Cairo lo chiamano Mazhar), un tamburello costruito tendendo una pelle su un telaio circolare di legno. La tablah (darabukkah) e il riqq (piccolo tamburello con sonagli) sono invece stati introdotti in Alto Egitto da poco tempo. Ma adesso si vede di tutto, come in città: violini, chitarre, fisarmoniche. Si è tutto mescolato insieme, arabo e europeo (faranji).

Le nostre ragazze si sono specializzate nella danza. Anche tra gli Haiab e i Bahlawan ci sono ballerine, ma non da molto tempo. In ogni caso non apprendono bene l’arte come i Nawar. Le ragazze dei Masalib invece non ballano. La danza si é evoluta rispetto al passato.La nostra danza non è sharqi (“orientale”), ma shabi (popolare). Ci sono differenze, per  esempio nella posizione dei piedi: non si balla sulle punte, ma sempre con la pianta posata.  Mia figlia e raqqasah (ballerina) ora abbiamo la televisione. Vede per esempio Suheir Zaki o Samia Gamal, imita qualche loro movimento e lo introduce nella danza. Noi siamo professionisti, ci guadagnamo da vivere con la danza. E’ per questo che la rinnoviamo, inserendo motivi nuovi, che piacciono alla gente. La danza così si evolve, in base ai gusti e alle richieste del pubblico. Una volta c’erano altri canti, come “ya khayin ya zamani” (o tempo, o traditore), canzoni antiche; la ballerina cantava e gli zammarin la accompagnavano. C’erano anche altre danze, diverse dalle attuali, come  la Raqset es-nacah (danza della  cammella), effettuata con le mani sopra la testa, la Raqset es-seyf (danza della spada) o la Raqset el-bunduqiyyah (del fucile). Noi procediamo in base alla richiesta de mercato. Una volta c‘era una sola ballerina; adesso quando c’é  una festa ne mando due o tre assieme, cosi possono alternarsi. Le feste durano fino al mattino, talvolta per più giorni di seguito.

Gli uomini danzano Raqset el-asaya (dei bastoni o Tahtib) e Raqset el khey (dei cavalli o Mirmah) con gli zammarin“.

 

 

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Gli zingari egiziani https://danzaemusicaaraba.com/gli-zingari-egiziani/ Thu, 29 Mar 2018 15:06:48 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=215 “Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto” Prima parte Giovanni Canova Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno. Quaderni del seminario di...

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Prima parte

Giovanni Canova

la danza zingara ai festival

la danza gitana

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di lranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

Nell’Alto Egitto vi è un patrimonio folkloristico di base tipo canti di lavoro o legati al ciclo della vita, vi è un’attività di musica e di danza professionale ed un tipo di musica di consumo di origine cittadina.

La gente che si occupa di arte scenica professionalmente viene sentita dal popolo come estranea, straniera, tanto che viene chiamata “Halab”, proveniente da Aleppo, con valenze di straniero e vagabondo. Ai margini di ogni città c’è un accampamento o un quartiere dove abitano questi personaggi, evitato dalle persone per bene.

Nessuno conosce la loro origine, né si occupa della loro storia e cultura, e neppure loro stessi si occupano delle proprie origini, adattandosi alle credenze locali. Cosi accadde in Europa, quando i primi zingari comparvero nel secolo XIV, giustificando la loro bizzarria con il fatto che erano egiziani erranti per penitenza, per non avere offerto ospitalità alla Sacra Famiglia.

Giunti nel mondo arabo, gli zingari compresero subito l’importanza di avere un’origine, e se ne attribuirono una, anche se forse non la conoscevano per niente.

In Egitto ed in Siria uno dei termini per indicare gli zingari è Nuri, singolare di Nawar, che potrebbe essere una deformazione del termine Luri o Luli, che in persiano indica i musicistici di origine indiana.

I Nawar colsero subito che il loro nome contiene la radice araba NWR, che indica la luce, il fuoco, ed assunsero l’epitteto di Munawwar, illuminato, termine che di solito si riferisce allaMecca e a Medina, dicendo che Nawar sarebbe stato il nome dei custodi delle lampade del tempio. Dicono che furono costretti a scappare e peregrinare a causa delle ingiuste accuse di aver rubato le lampade, cosa che invece, dicono, era stata compiuta dagli ebrei.

Secondo una leggenda che narrano ancora i cantastorie, di solito zingari, i Nawar sarebbero scappati dalla penisola arabica insieme ai Bani Hilal, o in seguito alla guerra di Basus. La famiglia del loro progenitore Jassas fu condannata, avendo perso, ad errare senza dimora, mentre i discendenti del vincitore Az Zin furono destinati a lavorare la terra, divenendo contadini.

Secondo i lessicografi arabi El Azhari lbn Manzur ed Ez Zebeydi collegato alla radice NWR cè il termine Nurah, maga, e Nuri deriverebbe da questo termine, cosi come il verbo Nawwara, ingannare.

Nell’Alto Egitto il termine è pronunciato Nawwar o Nawwarah al plurale, e Nawwari o Nawwariyyah al singolare.

Esistono nell’Alto Egitto almeno quattro gruppi di zingari: i Nawar, gli Haiab, i Bahlawan ed i Masalib, ma sono tutti definiti comunemente Halab (nel medio e basso Egitto Ghajar, in Siria Nawar, in Iraq Kawli ecc.). Ogni gruppo ha però caratteristiche e tradizioni a sé stanti: i Nawar si dedicano alla musica ed alla danza professionale, gli Halab lavorano il ferro, i Bahlawan si esibiscono come giocolieri ed addestrano gli animali per spettacoli di tipo circense, i Masalib forse non sono neppure veri zingari, ma vengono ad essi accomunati per la tradizione di commercio e di musica. Una categoria a parte sono i Jamasi (jamus=bufalo), che girano vendendo latte (un tempo acqua), e si proclamano discendenti della tribù dei Banu Hilal. Questa attività è considerata disdicevole dalla tradizione contadina, che crede che pane, latte ed acqua non andrebbero venduti ma donati a chi ne ha bisogno.

In tutti i gruppi zingari vi sono dei poeti, ma le donne Masalib non ballano pubblicamente come invece fanno le altre. Manca loro culturalmente il senso di attaccamento alla casa e dalla terra tipici dei Fellahin (dicono che quando moriranno non potranno portarle con sé). Non rispettano le autorità sociali politiche, ma solo quelle degli anziani del gruppo. L’organizzazione familiare è di tipo islamico (poligamia, matrimonio endogamico, divorzio ecc). Gli uomini amministrano i beni ma le donne hanno un ruolo importante socialmente perché lavorano (sono danzatrici, giostraie, chiromanti, venditrici ambulanti ecc). l figli sono allevati dalle donne anziane e l’educazione è molto perrnissiva. Si tende a ritardare il matrimonio per motivi economici.

La gente comune ha una diffidenza molto profonda verso gli zingari, che sono visti come poco religiosi, immorali, rapitori di bambini, e soprattutto considera disdicevole che le donne zingare ballino in pubblico, anche se la danza è molto apprezzata da tutti nelle feste, che sono importanti occasioni sociali nelle campagne. La disapprovazione fra contadini e zingari è comunque reciproca, tanto che gli zingari chiamano i fellahin “Mokhkh maqful”, cervello chiuso, o anche “mokhkh nashef”, cervello secco.

I cantastorie zingari che narrano l’epica dei Banu Hilal sono molto importanti per tramandare la storia e la tradizione, soprattutto se si considera che in alcune regioni la popolazione non possiede altre fonti di informazione. l cantastorie si sentoni diretti discendenti di quella tribù, cosi come le ballerine si sentono le eredi culturali delle danzatrici barmecidi che davano spettacolo nelle corti abbasidi, se non addirittura delle danzatrici ritratte sulle piramidi e sulle tombe faraoniche.

Intervista a Yusef Mazin

Nawar di 75 anni, padre delle più famose danzatrici dell’Alto Egitto, stimato componente di una famiglia di artisti e profondo conoscitore delle tradizioni. L’intervista è stata registrata a Luqsor il 6 ottobre 1979. Yusef ha accettato di introdurci nel suo mondo a patto che Khomeyni non venga a sapere che i Nawar sono ancora vivi e lavorano in Egitto, nonostante i suoi anatemi.

Nella cultura Nawar è importantissima la tradizione artistica professionale familiare.

danze zingare ai festival

danze nomadi gitane zingare

I Nawar e le loro origini

“Mi chiamo Yusef Mazin Mohammad Khalifah Reshwan Abd el Al Hamad Abu n-Nur. E’ stato quest’uItimo, Hamad Abu n-Nur, a venire in Egitto dal Kurdistan con la sua gente, attraverso la Siria. Molto tempo fa, saranno passati più di 500 anni. Alcuni gruppi di Banu Nur si sono fermati in Siria, altri sono andati in Iraq e in Kuwait, altri ancora in Sudan, a Khartoum. Quelli che sono venuti in Egitto si sono stabiliti a Simbillawen (Al Mansurah), presso il Cairo, a El Fayyoum, a Farshut (Naj Hammadi), a Bdir e a Luqsor (Qena). I nostri avi dicevano che erano partiti dal Kurdistan. ll nome originario della nostra tribù è Al Haramshah; poi ci siamo mescolati e siamo diventati la tribù Nawar, ma in origine eravamo della Qabilqt Al Akrad. La nostra lingua era il farsi, ma è andata in gran parte persa, si è modificata. Ora siamo egiziani. Una volta giunti in Egitto dai confini della Persia i miei avi sono scesi e si sono sparpagliati lungo il Nilo. Non abitavano nei centri abitati, nei villaggi, ma in tende ai limiti del deserto. Dovettero cercarsi una professione per guadagnarsi da vivere: gli uomini impararono a suonare il flauto, e le ragazze si misero a cantare e a ballare. Fecero questo lavoro, si imparentarono con i Nawar e tutta la tribù divenne Nawarah. l Nawar in Egitto sonosempre stati degli artisti. Ma là nella nostra terra, nel Kurdistan, non ci sono Nawar, non c’è niente che si chiami cosi, ma Haramshah.

Perché ci chiamiamo Nawar? ll nostro progenitore è Hamad Abu n-Nur. Suo nonno aveva il compito di accendere le lampade al sacro recinto della Mecca. La sua famiglia si chiamava A’let Abu n-Nur. Ebbene, le lampade erano d’oro. Un giomo venne un ebreo dalla città di Kheybar e rubò le lampade. Abu n-Nur fu accusato del furto, e per punizione venne cacciato con tutta la sua gente. Ma il ladro era l’ebreo! Abu n-Nur emigrò nel Kurdistan, e da qui si spostò in altri paesi, la Siria, l’Egitto, perché là in Kurdistan non c’era sicurezza, c’erano guerre. Una volta dominava l’anarchia (fawda), una tribù che subiva dei torti non aveva nessuno a cui chiedere aiuto. La forte si mangiava la debole, costringendola ad abbandonare il paese”.

 

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