la danza nel mondo arabo | Danza e Musica Araba https://danzaemusicaaraba.com L'universo artistico del Medio Oriente Mon, 04 Jun 2018 12:51:56 +0000 it-IT hourly 1 Il mito della danza dei sette veli https://danzaemusicaaraba.com/il-mito-della-danza-dei-sette-veli/ Thu, 29 Mar 2018 14:51:18 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=209 Salomé e il mito della danza dei sette veli Che quella di Salomé sia una figura assolutamente mitologica si comprende già dal suo nome: nella Bibbia non si nomina affatto Salomé, né tanto meno...

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Salomé e il mito della danza dei sette veli

Danza con i veli

i veli nella danza

Che quella di Salomé sia una figura assolutamente mitologica si comprende già dal suo nome: nella Bibbia non si nomina affatto Salomé, né tanto meno si descrive la sua danza. L’episodio si riferisce a la danza che la figlia di Erodiade, la cognata e concubina di re Erode Antipa, fece in onore dello zio/amante della madre. Erodiade odiava Giovanni Battista perché la aveva condannata moralmente per la sua condotta di concubina.

Ecco i passi del Vangelo che ne parlano:

Matteo 14,6-11

6 Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode 7 che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. 8 Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». 9 Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data 10 e mandò a decapitare Giovanni nel carcere. 11 La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.

Marco 6:21-28

21 Ma venuto un giorno opportuno che Erode, nel suo natalizio, fece un convito ai grandi della sua corte, ai capitani ad ai primi della Galilea, 22 la figliuola della stessa Erodiade, essendo entrata, ballò e piacque ad Erode ed ai commensali. E il re disse alla fanciulla: Chiedimi quello che vuoi e te lo darò. 23 E le giurò: Ti darò quel che mi chiederai; fin la metà del mio regno. 24 Costei, uscita, domandò a sua madre: Che chiederò? E quella le disse: La testa di Giovanni Battista. 25 E rientrata subito frettolosamente dal re, gli fece così la domanda: Voglio che sul momento tu mi dia in un piatto la testa di Giovanni Battista. 26 Il re ne fu grandemente attristato; ma a motivo de’ giuramenti fatti e dei commensali, non volle dirle di no; 27 e mandò subito una guardia con l’ordine di portargli la testa di lui. 28 E quegli andò, lo decapitò nella prigione, e ne portò la testa in un piatto, e la dette alla fanciulla, e la fanciulla la dette a sua madre.

Salomé con la testa del Battista

salomé

Salomé nella storia e la fantasia letteraria

Il nome di Salomé compare per la prima volta nel racconto storico di Giuseppe Flavio e la sua immagine compare in alcune monete (fra l’altro è l’unico personaggio biblico a comparire su monete che sono giunte sino a noi.

Il personaggio di Salomé si è prestato a diventare leggendario: una donna potente e che faceva ciò che le pareva, Erodiade, convince la bella e ingenua figlia ad usare le sue doti sensuali con il proprio stesso amante per ottenerne un proprio vantaggio.

La prima distorsione della sua storia è del 1863, con la biografia di Gesù scritta dal francese Ernest Renan, in cui Salomé viene dipinta come una donna moralmente depravata in maniera analoga alla madre. La sua danza pertanto non poteva che essere erotica.

Gustave Flaubert (che fra l’altro era amico personale di Renan, nonché assiduo viaggiatore in medio oriente) nel 1877, scrisse “Erodiade”, racconto nel quale l’elemento erotico venne sottolineato ancora di più. Nel racconto Flaubert prende sicuramente spunto dalla propria relazione con una prostituta/danzatrice incontrata in Egitto, da cui fu molto coinvolto e che lo contagiò del male, la sifilide, che lo porterà alla tomba.

Oscar Wilde nel 1893 pubblica la tragedia “Salomé”. In cui la donna viene descritta come un personaggio perverso: Salomé si innamora di Giovanni Battista, che la respinge, e lei riesce a baciarlo solo da morto.

Richard Strauss compone nel 1905 la sua opera lirica “Salomé” basata sulla rappresentazione di Wilde. La creazione della danza dei sette veli, che non ha alcun fondamento storicoin nessuna cultura del Medio Oriente, è stata molto probabilmente un’invenzione dello stesso Wilde o dello scrittore francese Pierre Louys, amico di Wilde e specializzato in letteratura a sfondo erotico.

 

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Flessibilità regale https://danzaemusicaaraba.com/flessibilita-regale/ Wed, 28 Mar 2018 19:10:20 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=178 Articolo uscito D la Repubblica delle Donne, allegato di La Repubblica del 24/09/2005 Movimento – Un lavoro muscolare fluido che dà armonia Di Letizia Michelozzi E’ una rielaborazione delle danze tradizionali egiziane fatta dalla...

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Articolo uscito D la Repubblica delle Donne, allegato di La Repubblica del 24/09/2005

Movimento – Un lavoro muscolare fluido che dà armonia

Di Letizia Michelozzi

E’ una rielaborazione delle danze tradizionali egiziane fatta dalla danzatrice e coreografa Suraya Hilal. Si chiama Hilal Dance® e, grazie alla sua qualità, è entrata a far parte delle arti teatrali, evitando la banalizzazione degli spettacoli a uso dei turisti. Qui grazie a un profondo e naturale lavoro corporeo, il movimento risulta organico, fluido ed elegante. Il danzatore si muove in modo morbido ma senza mollezza, sapendo dosare la forza muscolare nel modo più efficace. Perciò, la qualità del movimento e la postura migliorano rapidamente.

“Nella nostra società, la conoscenza e la coscienza del corpo sono piuttosto scarse”, spiega Sabina Todaro insegnante autorizzata in Italia, “tanto che ci rendiamo conto di avere una schiena solo quando ci fa male. Il primo passo verso un uso sano e rispettoso del corpo è quello della presa di coscienza del movimento. Quanto più saremo presenti e consapevoli nel nostro corpo tanto meglio lo potremo muovere.

In questo senso, il lavoro della Hilal Dance costruisce una coscienza corporea che rende possibile alla persona abitare il proprio corpo con una qualità nuova e più profonda. Attraverso il lavoro sul proprio baricentro, sull’allineamento, sull’elasticità e sul respiro si diverrà in grado di utilizzare appieno le proprie potenzialità, rendendo addirittura possibile il recupero della mobilità persa dopo incidenti”. Il segreto di questa magia è accessibile a tutti, attraverso l’integrazione olistica del corpo che permette di muoversi in maniera integrata, cioè ogni sua parte si muove insieme alle altre, in un tutto unico, in una coordinazione che si basa sulla natura stessa dell’organizzazione neurologica umana. corrieredellaseradanza

“Assecondare il movimento naturale del corpo aiuta a trovare armonia anche nella vita di tutti i giorni e in economia, senza sprecare energia”, continua l’esperta. “Così, si diventa non solo eleganti ma anche efficienti, evitando le cattive abitudini posturali e motorie che rendono il corpo rigido, favorendo l’insorgere di dolori muscolari e disturbi articolari”.

Altri benefici della Hilal Dance sono l’allineamento delle catene muscolari sottoposte alla forza di gravità, il rinforzo (per danzare bene occorre che i muscoli siano tonici ma privi di tensioni), il dosaggio dell’energia nel movimento (muoversi in modo elegante significa sapere quanta forza mettere nel gesto per poter interpretare tutte le sfumature della musica ed esprimerla con grazia). Infine, l’uso attento del respiro obbliga a muovere il diaframma in modo attivo, a percepire la collaborazione fra muscolatura addominale e attività respiratoria per rendere disponibili maggiori quantità di ossigeno. “Il diaframma dà sostegno alla parte alta del corpo”, sottolinea la Todaro. “Quando si contrae produce lo stesso effetto sui muscoli del pavimento pelvico, sostenendo gli organi interni. Se respirando non si usa correttamente il diaframma, sarà necessario sfruttare muscoli secondari, situati nella parte alta del torace, che disturbano la corretta posizione di collo e testa”.

Prima il respiro

La preparazione iniziale prevede un lavoro corporeo simile alo yoga e allo stretching che si svolge in piedi e a terra con esercizi di respirazione, allungamento, centratura, mobilità e si effettua sempre in modo solistico, considerando il corpo come n tutto unico. Ecco perché gli esercizi risultano molto fluidi, simili a una danza, inglobando sempre gambe, braccia, testa e persino lo sguardo.

In un secondo tempo, l’attività diventa più specifica e si basa suo movimento chiave della Hilal Dance: il pendolo (un movimento che si compie lateralmente e verticalmente, che ammorbidisce le linee curve del corpo), la forbice (una torsione che ricorda il modo di camminare degli animali e porta a essere più eleganti), la spirale e i giri (movimenti circolari utili per contattare il proprio baricentro, trovare più equilibrio e un nuovo modo di rapportarsi con lo spazio). Questa parte della lezione viene accompagnata solo dal ritmo o da una melodia.

repubblicadanza_150Infine, si passa alla danza vera e propria con attenzione alla qualità del movimento, all’uso dello spazio, all’espressività, alla relazione con la musica e con il pubblico, alla messa in scena teatrale, all’improvvisazione.

Scarica l’immagine dell’articolo di D di Repubblica dedicato alla Hilal Dance

o scarica il testo dell’articolo in pdf

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I muscoli posturali e i muscoli dinamici (cenni) https://danzaemusicaaraba.com/i-muscoli-posturali-e-i-muscoli-dinamici-cenni/ Wed, 28 Mar 2018 18:49:44 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=171 Per poter effettuare la contrazione muscolare è necessario avere a disposizione dell’energia, che nelle cellule si immagazzina dentro ai mitocondri, soprattutto sotto forma di Adenosina Trifosfata (ATP). Le riserve di ATP si rinnovano grazie...

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Per poter effettuare la contrazione muscolare è necessario avere a disposizione dell’energia, che nelle cellule si immagazzina dentro ai mitocondri, soprattutto sotto forma di Adenosina Trifosfata (ATP). Le riserve di ATP si rinnovano grazie all’apporto dell’ossigeno e del glucosio portati dal sangue attraverso la rete di vasi capillari che circonda le fibre muscolari.

Il glicogeno è un’altra fonte di energia utilizzata dalle fibre muscolari: quando la quantità di ossigeno non è sufficiente al ripristino dell’ATP, viene utilizzata l’energia emessa dalla scissione del glicogeno, cosa che avviene principalmente durante le contrazioni brevi ed intense.

Il lavoro che richiede l’uso dell’ATP e dell’ossigeno è detto aerobico, mentre quello che richiede l’uso del glicogeno è detto anaerobico.

I muscoli umani contengono fibre che funzionano nei due modi, ma in proporzione variabile a seconda del tipo di muscolo.

I muscoli posturali contengono un maggior numero di fibre lente, ossidative, dette di tipo I o SO, mentre i muscoli coinvolti in attività ritmiche o fasiche contengono più fibre glicolitiche, veloci, dette di tipo II o FG.

Molti muscoli sono coinvolti sia nell’attività posturale che in quella fasica. Le fibre di tipo II si possono modificare tanto da diventare molto simili a quelle di tipo I, cioè possono diventare posturali, ed essere in grado di reggere gli sforzi per lungo tempo.

Forza e flessibilità

E’ possibile conseguire un aumento della forza di un muscolo allenandolo con carichi progressivamente crescenti. In tal caso il muscolo risponde aumentando di volume. Non sarà però il numero delle fibre ad aumentare, ma solo il loro volume. L’allenamento muscolare può generare un accorciamento delle fibre stesse, che quindi vanno continuamente stirate per fare in modo che restino lunghe, mantenendo la loro flessibilità.

 

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Fisiologia della respirazione https://danzaemusicaaraba.com/fisiologia-della-respirazione/ Wed, 28 Mar 2018 18:48:15 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=169 Struttura generale dell’apparato respiratorio Organi della respirazione sono i polmoni e le vie respiratorie, che si dipartono dal naso e sono costituite da una serie di condotti che si ramificano fino a terminare negli...

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Struttura generale dell’apparato respiratorio

Organi della respirazione sono i polmoni e le vie respiratorie, che si dipartono dal naso e sono costituite da una serie di condotti che si ramificano fino a terminare negli alveoli polmonari, che sono cellette all’interno dei polmoni, nelle quali avvengono gli scambi gassosi fra il sangue e l’aria respirata, grazie alla presenza al loro interno di numerosissimi capillari provenienti dalle vene e dalle arterie polmonari.

Il cammino che l’aria compie per entrare nei polmoni è piuttosto complesso: già all’interno del naso l’aria viene filtrata e depurata dal pulviscolo grazie all’azione della mucosa respiratoria, che è provvista di ciglia. La mucosa nasale, essendo largamente vascolarizzata, pone subito l’aria fredda a contatto di un ambiente caldo, riscaldandola ad una temperatura più simile a quella corporea.

L’aria attraverso entrata il naso scende verso la faringe attraverso le coane, e poi giunge alla laringe, la zona dove i suoni prendono forma, ed alla trachea, che è costituita di anelli cartilaginei sovrapposti ed è ricoperta di tessuto cigliato. La trachea all’altezza della IV vertebra toracica si biforca nei bronchi che penetrano nei due polmoni, suddividendosi in ramificazioni (l’albero bronchiale). I polmoni delimitano, nel mezzo del torace, uno spazio, il mediàstino, dove si situa il cuore. Sono ricoperti da due membrane, una esterna, la pleura parietale, che aderisce alla superficie interna della cassa toracica, ed una interna, o pleura viscerale, che aderisce alla superficie polmonare stessa. Fra le due pareti si trova un liquido, il liquido pleurico, che mantiene la zona lubrificata e perciò facilita i movimenti di espansione e di contrazione dei polmoni. Se per qualsiasi ragione penetra dell’aria nella cavità pleurica si crea uno pneumotorace, che riduce notevolmente l’attività polmonare diminuendo la pressione ed il volume del polmone stesso.

Essendo organi dotati di grande elasticità, i polmoni possono espandersi e contrarsi.

Meccanica respiratoria

I muscoli respiratori hanno caratteristiche simili a quelle degli altri muscoli scheletrici. Il principale muscolo respiratorio è il diaframma. Durante una respirazione normale sono attivi anche i muscoli intercostali parasternali e gli scaleni, mentre in situazioni di ritmo respiratorio affrettato, sotto sforzo, lavorano anche i muscoli intercostali esterni e gli sternocleidomastoidei.

La contrazione del diaframma ne sposta caudalmente (cioè verso il basso) il centro tendineo, e fa espandere ed innalzare le coste sulle quali è inserito. Durante una normale inspirazione la cupola del diaframma si sposta verso il basso di circa 1,5 cm, mentre nella inspirazione massima può arrivare a spostarsi anche di 5 cm. Contemporaneamente, la gabbia toracica si innalza e si espande, per cui lo spostamento causato dal diaframma si ripercuoterà sull’addome per metà e sul torace per l’altra metà.

La contrazione del diaframma crea una pressione maggiore nella cavità addominale e minore in quella toracica. Le coste salgono sia per effetto diretto della trazione esercitata dal diaframma sia proprio a causa dell’aumento della pressione interna addominale. 2/3 del volume d’aria inspirato vengono inspirati dal lavoro del diaframma.

Se contemporaneamente alla contrazione del diaframma si contraggono anche altri muscoli, situati nella parte alta del torace, la pressione interna della cavità toracica diminuirà, ed anche quella della cavità addominale. E’ possibile, pertanto, respirare senza dover protrudere (cioè spingere in fuori) l’addome. Quanto più abbiamo bisogno di aria e tanto più dovremo utilizzare vari muscoli che aiutino il diaframma.

I muscoli addominali sono espiratori. Durante la ventilazione normale non intervengono significativamente, ma se la respirazione è più massiccia lavorano, spingendo il diaframma attivamente verso l’alto, aumentando la pressione interna dell’addome.

Anche i muscoli della laringe intervengono nella respirazione: le corde vocali, infatti, sono più divaricate durante l’inspirazione che durante l’espirazione.

Tutto ciò implica che l’atto inspiratorio sia una atto muscolarmente sempre attivo, mentre l’entrata dell’aria nei polmoni avviene passivamente: l’aria viene risucchiata all’interno dei polmoni perché vi si crea una pressione più bassa di quella esterna. L’atto espiratorio e muscolarmente passivo (in caso di respirazione normale a riposo), cioè avviene per rilassamento dei muscoli inspiratori, senza la contrazione di nessun muscolo espiratore, e l’aria esce in modo attivo, spinta fuori dall’aumento della pressione interna del torace.

 

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La Danza Duende https://danzaemusicaaraba.com/la-danza-duende/ Wed, 28 Mar 2018 18:16:32 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=163 Danza Duende utilizza il linguaggio della danza orientale e delle danze tzigane (rom). “C’è chi dice che la danza tzigana non esiste, ma esistono gli tzigani che danzano…” in effetti il popolo Rom, nel...

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Danza Duende utilizza il linguaggio della danza orientale e delle danze tzigane (rom).
“C’è chi dice che la danza tzigana non esiste, ma esistono gli tzigani che danzano…” in effetti il popolo Rom, nel suo girovagare ha assorbito e rielaborato le danze dei territori che attraversava, e che oggi accomunano le danze nomadi indiane, russe, rumene, ungheresi, flamenche e orientali. Esiste però sicuramente una maniera tzigana di danzare: è la maniera dell’artista che si abbandona alla sua arte… è questo trasporto che possiamo chiamare duende“.
Il metodo Duende è stato creato da Myriam Szabo.
Mira soprattutto a sviluppare il coraggio e la capacità di improvvisare, di creare forme e sviluppare percezioni dello spazio, adattarsi ai cambi, comprendere velocemente i movimenti, esprimersi chiaramente e con intensità, comunicare e sviluppare la capacità di essere flessibili e generosi nell’interazione con altri. Il Duende è l’autentica presenza, la chiarezza espressiva, e può lavorare attraverso qualunque tecnica espressiva, contribuendo alla creatività personale. www.danzaduende.org

La compagnia Salamantra

Fondata da Myriam Szabo come prima compagnia di danza tzigano-orientale nella Penisola Iberica, oggi diffonde in Europa la danza secondo il metodo Duende.
Si compone della stessa Myriam Szabo, di Carolina Fonseca e di Monica Roncon.
Danzatrici orientali affermate, dal 1999 collaborano attivamente con Myriam Szabo alla elaborazione e diffusione della Danza Duende in Europa. Entrambe tengono corsi a Bruxelles, si esibiscono e tengono stages in tutta Europa come soliste e come parte della compagnia Salamantra.
www.madrugada-cigana.com

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Awalim https://danzaemusicaaraba.com/awalim/ Wed, 28 Mar 2018 18:13:42 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=161 Il termine ‘Almah, al plurale ‘Awalim, viene traslitterato in francese Almée, proposto al plurale come Almées. Viene dalla radice ‘alm, che indica sapere, conoscere. Le ‘Awalim erano donne colte, ed erano anticamente le intrattenitrici...

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Il termine ‘Almah, al plurale ‘Awalim, viene traslitterato in francese Almée, proposto al plurale come Almées.

Viene dalla radice ‘alm, che indica sapere, conoscere.

Le ‘Awalim erano donne colte, ed erano anticamente le intrattenitrici tradizionali di corte, le donne colte che cantavano e danzavano nelle corti reali. Si esibivano in gruppi esclusivamente femminili nelle residenze dei nobili durante l’epoca in cui i Khedive governavano l’Egitto ed in generale durante il periodo ottomano.

Si ritiene che l’epoca d’oro delle ’Awalim sia stata a cavallo fra ‘800 e ‘900. Le Almées conducevano un’esistenza chiaramente decente ed onesta. Non uscivano se non velate, e sfuggivano lo sguardo degli uomini. Gli eunuchi le andavano a prendere per portarle negli harem dei emiri, dei bey, dei nobili, dove, con le loro danze e musiche, intrattenevano le donne e le informavano sul mondo.

Quando Bonaparte invase l’Egitto, le ‘Awalim sloggiarono dal Cairo seguendo le donne dei Mamelucchi e non le si vide ricomparire che all’ultimo giorno dell’occupazione, “ancora tenendosi nascoste, non essendo possibile vincere la loro ripugnanza a cantare davanti a degli uomini e soprattutto davanti e dei francesi”. Ritornarono al Cairo solo dopo il ritiro dell’armata francese.

Le vere ’Awalim cantavano, danzavano e suonavano strumenti musicali nell’ambito della tradizione classica o “tarab”.

Il loro particolare genere di canto, chiamato “Taqtuqa” o Taqatiq al plurale, divenne molto popolare fra gli anni ’20 e ’30 nei caffè del Cairo e successivamente nei teatri chiusi di stile europeo.

Nel corso degli anni ’30 anche alcuni uomini cominciarono a cantare i Taqatiq, e si potrebbe dire che questo tipo di canto abbia contribuito alla formazione della prima struttura musicale popolare delle canzoni commerciali tanto diffuse nell’Egitto di oggi.

Verso il 1920, nacque un nuovo tipo di professionalità per le ’Awalim, che estesero le loro attività ai matrimoni dei benestanti borghesi, il cui linguaggio musicale comprendeva anche le strutture musicali Baladi.

Molte ’Awalim erano attive nel quartiere popolare della Mohammad Ali Street, in cui risiedevano, precisamente nella zona chiamata “Haret el ’Awalim”.

Festeggiare il matrimonio con le ’Awalim restò di gran moda fra le famiglie borghesi benestanti fino all’inizio degli anni ‘40. Alla fine di quel decennio, comunque, la tradizione delle ’Awalim era scomparsa: gli spettacoli divisi per sesso durante i matrimoni non erano più necessari.

Così i gruppi artistici di sole donne ai matrimoni divennero obsoleti.

Distinguere le Awalim dalle Ghawazee: vedi approfondimenti sulle Ghawazee.

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La danza Kabil, berbera algerina https://danzaemusicaaraba.com/la-danza-kabil-berbera-algerina/ Wed, 28 Mar 2018 18:10:11 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=158 di Alessandra Centonze Danza gioiosa e coinvolgente, la cui tradizione proviene dalle montagne della Kabilia, regione dell’est algerino a maggioranza berbera. E’ una danza femminile, di espressione al tempo stesso personale e corale, legata...

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di Alessandra Centonze

Danza gioiosa e coinvolgente, la cui tradizione proviene dalle montagne della Kabilia, regione dell’est algerino a maggioranza berbera. E’ una danza femminile, di espressione al tempo stesso personale e corale, legata alla celebrazione della raccolta delle olive, accompagnata dalla musica tradizionale e dai richiami gioiosi delle donne (youyou).

I costumi e la gestualità si rifanno a questa tradizione, anche se la danza attuale si è molto evoluta, in seguito al métissage culturale portato dalla diaspora politica dei Kabil. E’ caratterizzata da un ampio uso dello spazio: le danzatrici sembrano scivolare sul pavimento spinte dalla forza del bacino in un moto stabile e omogeneo e al tempo stesso cadenzato da accenti rapidi e secchi dei fianchi. Anfore portate in equilibrio sulla testa o, più frequentemente, i foulard berberi dalle folte e coloratissime frange accompagnano la danza sottolineando i movimenti del bacino ed espandendo nello spazio i giri su piede perno, oppure scandiscono essi stessi il ritmo guidati in rapidi giri dalle mani della danzatrice. Nella versione più moderna,ispirata dalle contaminazioni della grande tradizione musicale kabila (un nome fra tutti: Idir), l’uso del foulard supplisce allo scarso uso delle braccia proprio di questa tradizione e regala spunti coreografici interessanti, che ben si sposano con intuizioni ispirate dalla danza contemporanea.

Noti in tutto il mondo, i fastosi gioielli berberi in argento e corallo (o a volte monete e conchiglie) ornano il corpo della danzatrice. Accompagna la danza il ritmo ossessivo scandito dal “tbal”, tamburo di pelle di capra, e dal bendir, con la melodia disegnata dal suono stridente delle “iretta”, sorta di trombette che sopravvivono anche nelle forme musicali più moderne e contaminate come elemento fortemente caratterizzante una tradizione musicale che viene da lontano: la musica kabila viene dalla Turchia e ha attraversato Medio Oriente e Nord Africa prima di crescere ed evolversi sulle montagne abitate dagli Amazigh (uomini liberi , come i berberi si definiscono), e lì sposarsi ad una tradizione poetica quasi millenaria.

Il Mosaico Danza – Via Pomezia 12 / Via Passeroni 6 Milano – C.F. 97205050152. Sede Legale: Via Correggio 22 Milano.

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Ghawazi https://danzaemusicaaraba.com/ghawazi/ Wed, 28 Mar 2018 18:00:03 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=154 Ghawazi Vedi anche: “Ghawazi sull’orlo dell’estinzione” di Edwina Nearing Note sugli zingari egiziani estratto da “The serpent of the Nile” di Wendy Bonaventura Il termine Ghawazi è plurale femminile di Ghazi, “colui che combatte...

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Ghawazi

Vedi anche:

“Ghawazi sull’orlo dell’estinzione” di Edwina Nearing

Note sugli zingari egiziani estratto da “The serpent of the Nile” di Wendy Bonaventura

Il termine Ghawazi è plurale femminile di Ghazi, “colui che combatte per la fede, o che sottomette degli infedeli”. Il femminile singolare è Ghaziyah. Da non confondere con la ‘Awalim (vedi l’articolo dedicato)

E’ il nome degli zingari egiziani.

Affiliate ad una tribù le cui origini sono rimaste misteriose, le Ghawazi dicono di derivare da quei Barmecidi di cui Haroun al Rashid annientò la potenza. Esse si chiamano fra di loro Barameki o Barmeki ed erano fiere del sangue beduino che, dicevano, scorreva nelle loro vene. Il loro naso aquilino ed il loro colorito non molto più scuro di quello delle donne del sud dell’Europa non smentivano questa pretesa.

Fin dalla loro più tenera infanzia votate alla galanteria, venivano messe, appena adolescenti, nelle mani di qualche straniero che le sbarazzasse della verginità, e, una volta compiuto questa specie di sacrificio, le si dava in spose a qualche giovane della tribù.

Da quel momento, dice Auriant, avevano tutta la libertà di prostituirsi, oltre che di lavorare come danzatrici. Per questa duplice professione pagavano doppie tasse al governo egiziano, ed avevano regolari permessi di lavoro.

Tradizionalmente nomadi, secondo l’usanza dei beduini, le Ghawazi si spostavano per animare i Mouled (fiere), e si trovavano quindi un po’ ovunque in Egitto, sempre ai margini dei centri abitati, sotto le tende o nelle capanne di fango secco. Quelle del Cairo abitavano nel khan detto Hosn bardak.

Poste sotto la protezione di uno sheikh, erano sottoposte alla sorveglianza di uno Ouali, al quale pagavano una tassa e che le autorizzava ad esercitare la loro professione nei crocevia e nelle piazze pubbliche. Le accompagnavano dei suonatori di rababah o di mizmar, oppure delle Ghawazi anziane con il tamburello. Danzavano a viso scoperto, in mezzo ad un grande raggruppamento di persone. Da dietro i Mousharrabieh, balconi e finestre protetti da una griglia, le donne lanciavano loro pezzi di moneta per ricompensarle.

Accompagnavano persino i pellegrini alla Mecca, ed al ritorno, da buone fedeli, prendevano il titolo di Hadji.

Quando Bonaparte invase l’Egitto, le Ghawazi lavorarono tantissimo per i soldati, che erano per loro una vera manna dal cielo. L’affare era talmente grosso che l presenza delle Ghawazi nell’accampamento militare divenne un problema. Il generale responsabile dei soldati francesi chiese a Napoleone di provvedere. Le autorità egiziane fecero una retata, e tagliarono la testa a ben 400 Ghawazi.

Questa esecuzione non intimidì molto le sopravvissute, che gironzolavano dovunque ci fossero soldati.

Dopo la partenza dell’armata d’Oriente, le Ghawazi si dedicarono ai soldati del pascià: Venere seguiva Marte in tutti i suoi spostamenti!

Così tanto decantate, così tanto screditate dai viaggiatori, le Ghawazi, confuse sempre di più con le Almées, usurpandone il prestigio, erano divenute tanto celebri quanto le bayadere dell’India.

Il giudizio morale era pessimo, soprattutto perché gettava discredito su donne comunque musulmane, che per lavoro si gettavano persino sui cristiani europei: nel 1834 Mohammed Ali decise di fermare la sfrenata licenziosità delle Ghawazi.

Ma il problema era grosso: Mohammed Ali non era affatto un musulmano fanatico, e neppure un devoto, fece fatica a rinunciare al grosso introito finanziario prodotto dalle corporazioni di Ghawazi.

Alla fine dovette vietare il Cairo ed i suoi dintorni alle Ghawazi, pena le bastonate e, in caso di recidiva, l’esilio e i lavori forzati ad Esna.

Il divieto non toccò le ‘Awalim.

Le Ghawazi non ebbero che questa alternativa: o inquadrarsi, sposandosi con qualche uomo rispettabile, o raggiungere esse stesse qualche città dell’Alto Egitto.

Ecco che le Ghawazi divennero, insieme con il tempio consacrato a Kneph, recentemente disinsabbiato, la principale attrattiva dell’Alto Egitto. Risalendo o discendendo il Nilo, le chiatte battenti bandiera inglese, francese o americana vi facevano scalo, poiché i turisti ci tenevano assolutamente a vedere le “Almées” e le loro danze..

Flaubert nel suo viaggio in Egitto incontrò una Ghaziya, di cui parlò lungamente nelle sue “Correspondences”, Kutchiuk Hanem, dalla quale fra l’altro contrasse la sifilide che lo portò alla tomba.

Bibliografia:

Auriant “Koutchouk – Hanem l’Almée de Flaubert” Paris, Mercure de France, 1943

Articolo “Baladi personae” di Suraya Hilal, pubblicato sul sito www.hilaldance.co.uk

“Les observations de plusieurs singularités et choses mémorables trouvées en Gréce, Asie, Judée, Egypte, Arabia et autres pays étrangers” redatto in tre libri da Pierre Belon, di Mans. Paris 1553

“Voyage dans la Haute et Basse-Egypt” , C.S. Sonnini, Paris, an VII

“Arabic Proverbs, or the manners and customs of…”, John Burckhardt, London 1830

“Modern Egyptians” , E. W. Lane, London 1935

“Modern Egypt and Thebes”, Sir Gardner Wilkinson, London 1843

“The Jew, the Gipsy and El Islam” , Si Richard F. Burton, London 1898

Il Mosaico Danza – Via Pomezia 12 / Via Passeroni 6 Milano – C.F. 97205050152. Sede Legale: Via Correggio 22 Milano.

Per info su corsi lezioni e seminari: TEL. 02.5831.7962 – CELL. 339.2130364

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Rituale Somalo Mingis https://danzaemusicaaraba.com/rituale-somalo-mingis/ Wed, 28 Mar 2018 17:50:06 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=150 Rituale Somalo Mingis Somalia: La terapia coreutico-musicale del Mingis di Franceso Giannattasio pubblicato su “Culture musicali. Quaderni di etnomusicologia” 1982 Zar è un termine non semitico che si ritiene derivi dal nome del Dio-cielo...

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Rituale Somalo Mingis

Somalia: La terapia coreutico-musicale del Mingis

di Franceso Giannattasio

pubblicato su “Culture musicali. Quaderni di etnomusicologia” 1982

Zar è un termine non semitico che si ritiene derivi dal nome del Dio-cielo cuscita, Jar.

Infatti le popolazioni che lo praticano sono di ceppo cuscitico (cioè relativo all’insieme delle lingue africane non sudanesi e non semitiche dell’Abissinia e delle regioni costiere dell’oceano Indiano e del mar Rosso), e il culto può essere considerato una sopravvivenza dell’antica religione cuscita (che oltre al Dio Jar elencava una serie di spiriti benevoli e maligni), in zone comunque convertite all’Islam o al Cristianesimo. I nomi e le collocazioni degli spiriti cambiano ora in relazione alla religione ufficialmente seguita dal popolo che pratica lo Zar.

Spesso lo Zar è mal visto dalle autorità, e deve pertanto essere praticato in segreto, poiché è considerato un segno di non modernità e di superstizione, anche se non viene apertamente osteggiato. Spesso le persone vi ricorrono sperando di alleviare le proprie sofferenze, senza credere profondamente ai Djinn ed al loro valore religioso: questo può essere un sintomo del cambiamento che la società sta evolvendo a partire dal processo di urbanizzazione e di modernizzazione. Oltre a bruciare l’incenso, l’incensiera viene utilizzata per scaldare e tendere le pelli dei tamburi. Durante la cerimonia, viene fatto largo uso di profumi.

Gli adepti intervengono vestiti di colori particolari, in relazione ai loro djinn. Incenso, profumo e vesti colorate servono a disporre un’atmosfera favorevole al Djinn, in modo che si manifesti. Per questo, gli oggetti assumono un carattere sacro, e vengono manipolati soltanto dall’officiante e dai suoi aiutanti. Dal punto di vista filosofico, questi oggetti sono preparati per lo spirito, ma in realtà contribuiscono a creare nelle persone che partecipano alla cerimonia una ipereccitazione sensoriale, che faciliterà la transe ed il coinvolgimento.

Il ritmo usato nella cerimonia è binario, in 2/4, su quattro tempi, a velocità piuttosto costante: dum (di 3 sedicesimi) tak (di 1 sedicesimo) dum (di 1 ottavo) tak (di 1 ottavo). La melodia si basa su un sistema pentatonico e non prevede intervalli superiori all’ottava. Il canto è spesso a frasi alternate, con ripetizione da parte di gruppi diversi della stessa frase musicale o con risposte diverse nei due gruppi. I vari canti sono associati ai diversi spiriti, di cui esaltano le caratteristiche ed i desideri, e si riducono a volte alla continua ripetizione del nome del Djinn. Il ritmo ad un certo punto si fa costante, in pulsazioni di 1 ottavo, e su questa base si creano complessi suoni creati col battito delle mani, accompagnati ada frasi semplici di canto, spesso ripetute come un ostinato. Un tale tipo di ritmo crea senza dubbio una eccitazione sensoriale. Sono comunque sempre i musicisti a determinare la struttura delle musiche, e mai gli adepti, che partecipano ai canti in modo proporzionale al loro livello di approfondimento del rituale. Tutta la cerimonia è accompagnata da una grande quantità di grida e di zagharid (grido particolare, prodotto dalle donne arabe di tutte le regioni, che consiste in un urlo acutissimo che viene reso vibrante da rapidi movimenti della lingua, come se si pronunciasse un velocissimo “lalala”, cioè un movimento verticale della lingua, tipicamente medio orientale, oppure un movimento laterale, orizzontale, più tipicamente maghrebino).

La danza del posseduto avviene dapprima in forma di camminate saltellanti. Più ci si avvicina alla transe e più la danza si fa convulsa: gli spostamenti nello spazio si riducono ed il corpo oscilla e trema, la testa e gli arti oscillano. Spesso in questa fase l’adepto grida e piange.

La danza del conduttore può culminare in una serie di giri vorticosi, che esprimono la sua funzione di medium, e non di posseduto. Deve poter mantenere il controllo della situazione per poter dare assistenza agli adepti, e non sembra andare in transe. La musica svolge un ruolo fondamentale nel rito, scandendone i tempi e le modalità, ed è musica particolare, destinata soltanto al rito stesso, e perciò dispone i partecipanti in uno stato al di fuori della quotidianità, in una dimensione magico-religiosa.

Perché il rituale possa essere considerato tale, dunque, devono essere presenti tre aspetti analoghi a quelli che Piaget elenca a proposito del gioco infantile:

il piano simbolico- nel senso del significato rituale;

il piano delle regole- nel senso delle regole che ordinano la cerimonia;

il piano sensomotorio- nel senso dei comportamenti dell’individuo oggetto della terapia.

L’esistenza del mito comporta l’esistenza della cerimonia che a sua volta determina la possibilità della manifestazione della reazione comportamentale (danza, transe e tutte le espressioni del Djinn). In qualche modo l’officiante presiede alla funzione rituale, il gruppo di adepti a quella cerimoniale, e l’ammalato vive le sue reazioni comportamentali in una sorta di gerarchia. La musica stessa assolve alle tre funzioni: è simbolica, nel richiamare i Djinn, determina lo svolgimento del cerimoniale, ed offre al paziente una serie di stimolazioni psicomotorie che vengono integrate da altre, dirette però sempre dall’andamento della musica e da esso dipendenti (contatti con l’officiante ed altri adepti, stimolazioni odorifiche, visive, cinestesiche e della disposizione spaziale delle persone).

Il Mosaico Danza – Via Pomezia 12 / Via Passeroni 6 Milano – C.F. 97205050152. Sede Legale: Via Correggio 22 Milano.

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Lo Zar in Sudan https://danzaemusicaaraba.com/lo-zar-in-sudan/ Wed, 28 Mar 2018 17:44:34 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=148 Lo Zar in Sudan Donne e spirito di possessione nell’Omdurman di Samia Al Hadi Al Nagar pubblicato in “The sudanese woman” di Susan Kenyon, Graduate college pubblications No 19 University of Karthoum 1987 Il...

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Lo Zar in Sudan

Donne e spirito di possessione nell’Omdurman

di Samia Al Hadi Al Nagar

pubblicato in “The sudanese woman” di Susan Kenyon, Graduate college pubblications No 19 University of Karthoum 1987

Il termine Zar ha origine incerta. Potrebbe derivare da Zara una città persiana, o da Zar, un paese dello Yemen orientale, o da Ziara, visitazione, (il termine indica anche il Moussem) o forse ancora dal nome della maggiore divinità dei Kushiti etiopici, chiamata Adjar in Agau e Yaro in Sidama.

Zar o Dastur (cioè forma, struttura) o Rih Ahmar (cioè aria rossa) sono sinonimi, in Sudan per riferirsi a rituali che si basano sulla fede nell’esistenza di “poteri” o “spiriti” che possiedono le persone attraverso le quali pongono alcune richieste.

I sintomi attribuiti alla possessione possono essere psicologici (depressione, agitazione, sentimenti di persecuzione, problemi familiari ed emicranie) o fisici (febbri, sanguinamenti, aborti), ma, per essere ritenuti tali, devono durare per molto tempo, e non essere stati risolti con altre forme di terapia (è da tener presente, però, che in Sudan ci sono pochi ospedali e poche possibilità di cure).

Il trattamento delle malattie causate dagli spiriti possono andare da semplici inalazioni di incenso alla celebrazione di una intera cerimonia propiziatoria per pacificare ed “addomesticare” gli spiriti con musica, danze e sacrifici.

Il conduttore della cerimonia deve essere qualcuno che si sia riappacificato con gli spiriti, e che fungerà da medium. Il suo compito sarà di determinare se si tratti di possessione ed in caso positivo, di interpretare le richieste dello spirito per poterle soddisfare, alleviando le sofferenze del malato. Il celebrante è di solito una donna, una Shaikha, e solo a volte (nel 20% dei casi) è un uomo, uno Shaikh (il termine arabo Shaikh indica persona anziana e saggia, ed è riferito nell’Islam sia ai vecchi che ai sacerdoti o per esempio al leader anziano di un gruppo musicale o al capo di un villaggio). Vittime più frequenti delle possessioni sono le donne.

Lo Zar non è un esorcismo, ma un culto di devozione allo spirito- potere invisibile, che potrebbe soddisfare i desideri umani. Lo Zar è un rituale molto antico, che si trova in molte regioni del Medio Oriente e dell’Africa. La sua pratica è conosciuta sotto nomi diversi e con qualche variazione dalle differenti comunità: in Sudan, Egitto, Etiopia ed Arabia Saudita ha nome Zar; in Somalia Sar; in Nigeria Bori. Riti molto simili sono praticati dalle donne Taita del Kenia nel Saka e dagli Gnawa in Marocco.Riguardo alle origini dello Zar, vi sono molte teorie, che ne rivelano l’origine ed il valore religioso.In Sudan si ritiene che gli spiriti si riferiscano alle visioni del Profeta Salomone. Quando gli apparvero, egli comandò loro che discendessero nelle viscere della terra, ma gli spiriti si rifiutarono, dicendo che sarebbero scesi solo con il profumo dellìincenso e con il suono delle percussioni. Si auto-definirono spiriti delle preoccupazioni che possono ottenebrare e possedere gli uomini.

Tramite questo mito, lo Zar è inserito nella religione musulmana, che prevede vari tipi di spiriti, o Jin. Se è corretta la teoria che il nome Zar venga dalle antiche divinità Kushite, la sua origine sarebbe non-semitica. Dopo la conquista islamica in Etiopia, la buona divinità dello Zar sarebbe diventata cattiva.

Si crede che gli Zar fossero i 15 figli di Eva che ella nascose, essendo i più belli. La punizione per loro fu che rimanessero nascosti per sempre.Secondo la leggenda, pare il rituale dello Zar sia stato introdotto in Sudan da una donna di nome Fatma, moglie di un governatore turco, che l’aveva appreso ad Istanbul: dopo essere stata per lungo tempo malata, un giorno ricevette a casa sua la visita di uno straniero, che mendicava nel nome dello Zar, e cantava canzoni dedicate ai diversi spiriti. La donna si sentì immediatamente benissimo, e fu chiesto allo straniero chi lui fosse. Rispose di essere un Nigeriano, inviatole dagli spiriti dello Zar pechè li accogliesse come loro mediatrice. Le apparvero così in sogno gli spiriti, che la istruirono sulle pratiche rituali, ed ella divenne una medium. Quando giunse in Sudan al seguito del marito, diffuse questa credenza come cura di molte malattie.

Origini e tipologie di zar

L’origine nigeriana dello Zar è plausibile, visto che i nomi di molti spiriti Zar sono simili a quelli che si trovano nel culto Bori in Nigeria. Altre Shaikat dicono che lo Zar sia originario dell’Etiopia, altre ancora dell’Egitto.Comunque sia, non vi sono documentazioni storiche valide a sostegno (ma neppure a negazione!) di nessuna di queste ipotesi.

L’attuale pratica dello Zar è comunque il risultato di un misto di elementi provenienti da diverse culture. Nello Omdurman vi sono due tipi di rituale Zar, il Borai ed il Tambura, che sono considerati rispettivamente femminile e maschile.

Le due forme hanno uguale organizzazione gerarchica (Sheikha, assistenti e membri), ma nel Tumbura le Shaikhat hanno minor influenza che nel Borai. Canto e percussione sono partimonio degli uomini, ed i leaders dei gruppi di musicisti decidono il tempo della celebrazione. Dalla loro benevolenza dipende l’accettazione sociale delle Shaikhat. La rababa (violino ad una o due corde) è uno strumento importante nel rituale Tumbura, ma non lo è nel Borai. Deve essere percosso sulla testa del paziente, se è troppo malato per guarire. Le parole dei canti sono molto simili nei due rituali, ma il cantante di Tumbura “magia le parole”, tanto che è difficile udirle.

Il Tumbura si celebra nella cas della Shaikha, mentre per il Borai questo non è necessario. Il novizio Tumbura deve osservare più rituali e regule del novizio Borai (per esempio, il novizio dele essere completamente segregato nella cerimonia.I gruppi Tumbura sono presenti solo in tre città: Khartoum, Omdurman e Khartoum Nord.

Devote dello Zar

Le devote appartengono ad ogni fascia di età, ma quelle che hanno più tempo da dedicare alle celebrazioni, avendo figli ormai grandi, ma essendo ancora giovani ed energiche, hanno fra i 35 ed i 45 anni. Per lo più non sono state scolarizzate, o lo sono state per poco tempo: la gente colta disdegna lo Zar, considerandolo superstizione, ma, nonstante ciò, un certo numero di donne “ben educate” frequentano le cerimonie per godere dell’atmosfera dello Zar, senza essere possedute in prima persona. Quasi tutte le donne dipendono economicamente dai loro parenti maschi per organizzare le cerimonie, mentre gli uomini stessi cercano di evitare che le loro mogli e sorelle partecipino allo Zar poiché non hanno soldi.

Organizzare una cerimonia Zar è un mezzo per acquisire prestigio fra le devote, ed avere così il diritto di partecipare ad altre cerimonie (l’organizzatrice deve preparare speciali vestiti, cibo e bevande per gli ospiti, e spesso deve chiedere soldi in prestito per farlo). Ma se la donna è malata seriamente, la cerimonia deve essere organizzata senza tener conto delle sue possibilità economiche, ed in tal caso la Sheikha offre gratuitamente i suoi servigi, per fare in modo che le altre devote finanzino lo Zar.

Spesso le donne partecipano a Zar organizzati da altre donne della loro “grande” famiglia (cioè la famiglia diretta, più le famiglie degli suoceri e di generi e nuore), ed a volte anche gli uomini della famiglia lo fanno. Spesso si fa ricorso allo Zar per curare malesseri di tipo psichiatrico perché la gente pensa ancora allo psichiatra come al “medico dei matti”, e preferisce risolvere i propri problemi rivolgendosi ad una Sheikha, fatto socialmente più accettato, sostenuto anche dalla fede che il popolo ha nelle forze soprannaturali e nella loro capacità di infliggere malattie.

Spesso si sottopone il malato ad un “trattamento” con incenso per rimuovere il malocchio, solo perché, non si sa mai, questo potrebbe essere il suo problema.La famiglia è un gruppo talmente unito, che la malattia di un suo membro è la malattia dell’intero gruppo. Anche i vicini di casa e gli amici partecipano alla preoccupazione, e spesso offrono consigli e proposte di cura. Per questo, il culto dello Zar si può diffondere facilmente anche al di fuori della famiglia.

Le donne spesso organizzano lo Zar di nascosto dagli uomini della famiglia, ma comunque solitamente gli uomini sono daccordo con qualunque trattamento che risolva le malattie delle loro donne, anche perché temono il malocchio e le forze soprannaturali.

Solo gli estremisti religiosi negano lo Zar con decisione per sé e per le proprie famiglie.Il ruolo sociale del buon vicinato è fondamentale, tanto che qualsiasi consiglio del vicino è sempre tenuto in grande considerazione, compreso quello che riguarda la Sheikha o il Faki (uomo saggio e religioso, letteralmente “povero”, che esegue preghiere ed altri rituali per curare le persone).

Ruolo sociale dello zar

L’importanza sociale dello Zar è tale che spesso le persone affermano di essere possedute soltanto per aver visto in sogno gli spiriti o addirittura per aver sognato vestiti od oggetti normalmente correlati ad alcuni spiriti.

Spesso la rivalità fra le diverse mogli di un uomo può causare malattie, soprattutto depressioni ed agitazioni, anche perché la malattia può essere un mezzo per richiamare l’attenzione del marito. Nella società Sudanese è ancor oggi comune l’usanza di combinare matrimoni senza il consenso reale degli sposi, che perciò sono spesso scontenti della propria vita di coppia, anche se spesso non divorziano perché le loro famiglie glielo impediscono. Motivo di ulteriori scontri familiari è la rivalità fra la nuora e la suocera e relative figlie, che non possono tollerare che il loro figlio e fratello preferisca passare il proprio tempo con una donna estranea, e la nuora pertanto è spesso oggetto di mille critiche e controlli. La cosa si complica se l’uomo sostiene economicamente la famiglia. A volte l’influenza della suocera è tale che la nuora non riesce a vivere una vita autonoma. Tutti questi fattori sono causa di “possessione”.Altre cause di problemi sociali che vengono definiti “possessione” sono relative al non essere sposati o non avere figli.

Ancora, lo Zar può aiutare chi si sente a disagio per non avere abbastanza soldi, ed in questo caso sono soprattutto gli uomini a ricorrervi.

Donne agiate ma anziane, che hanno perduto la possibilità di mostrare le proprie ricchezze possono organizzare le cerimonie per mostrarle.Altre donne si sentono malate per ricevere le attenzioni dei figli.L’usanza di osservare il lutto, anche per parenti non stretti o per amici e vicini rende le donne spesso obbligate a vestire e comportarsi in un certo modo: la malattia e la possessione possono essere un mezzo per evitare ciò.

Spiriti dello zar

Vi sono sette categorie di spiriti nello Zar:

1- Darawish, seguaci di certi ordini religiosi islamici;

2- Habash, etiopi;

3- Arabi, nomadi Sudanesi (in arabo “arab” significa nomade);

4- Zurug, che letteralmente significa triste, termine che viene usato nello Zar per indicare spiriti che provengano dal popolo di colore, come la gente del sue e dell’est sudanese o di altri paesi africani;

5- Khwajat, termine tipico sudanese per indicare gli stranieri, e di solito gli europei;

6- Basha, cioè gli ufficiali militari o civili turchi di alto grado;

7- Sittata, cioè donne.

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