Moralità, musica e danza

Moralità, musica e danza

Considerazioni morali sulle arti teatrali nel mondo arabo

La religione Islamica svolge un ruolo centrale nella considerazione morale di musica, danza e canto, che sono comunque da sempre popolarmente molto amati.

Il contesto, il pubblico presente, la forma dello spettacolo, il luogo e persino il sesso dell’artista sono criteri discriminanti molto forti, al di là della cornice religiosa.

I più diffusi contesti degli spettacoli in Egitto sono: il circuito dei matrimoni, il circuito dei night club e quello delle arti teatrali, in sale da concerto e teatri, radio televisione ecc.

Ovviamente bisogna porre dei distinguo per non confondere la situazione egiziana con quella occidentale. La chiara divisione occidentale fra la tradizione classica estremamente elevata e la tradizione popolare al polo opposto non si applica al mondo arabo.

Chi lavora in un teatro gode di maggiore stima di chi lavora in un night club o alle feste di paese, ma a volte il repertorio musicale che viene suonato in queste tre occasioni è identico: le stesse canzoni famose di Umm Kulthum o di Mohammad Abd Al Wahab si possono udire alla radio, nei matrimoni, nei night club e nei teatri.

 

Benché molti brani del Corano e degli Hadith (i detti del Profeta) neghino la legittimità della musica e del canto, questi “piaceri proibiti” prosperarono comunque da sempre nelle corti.

Storicamente si considerava ammissibile la musica prodotta dal canto degli uccelli, si accettava il canto in particolari condizioni ma la strumentale veniva proibita in campo religioso poiché si pensava che incoraggiasse il bere e si addicesse alla gente dissoluta.

 

Secondo l’etnomusicologo Al Faruqi, l’opinione religiosa generò una gerarchia di musica e canto: forme vietate, non incoraggiate, indifferenti, raccomandate e raccomandabili. La recitazione del Corano sta all’apice di questa gerarchia di accettabilità, immediatamente seguita dal richiamo alla preghiera e dai canti religiosi. Legittimità avevano anche canti collegati a celebrazioni familiari, o i canti delle carovane, i canti di lavoro e la musica delle bande militari. In fondo alla lista troviamo “la musica sensuale che viene suonata in associazione con attività condannate, o che si ritiene possa incitare a pratiche proibite come il consumo di droghe e di alcol, lussuria, prostituzione, ecc.”. Questo genere musicale è chiaramente proibito, o come si dice in arabo “haram”.

Secondo lo studioso dell’XI secolo Imam Al Ghazali, se si dedica troppo tempo alla performance, si interferisce con i più alti scopi dell’Islam, distraendo il credente dall’attenzione alla devozione per Dio: i professionisti erano perciò meno accettabili dei semplici dilettanti.

La danza viene valutata solo marginalmente nei testi dei filosofi e pensatori arabi: in epoca medievale veniva considerata fra gli strumenti a percussione o in relazione all’estasi. Se l’estasi soverchia la volontà e conduce l’uomo a muoversi al di fuori della sua volontà, tutto è scusabile (da tenere presenti sono le varie manifestazioni di danze estatiche presenti nel mondo arabo legate ai contesti religiosi). Quando la persona ritorna in possesso della sua volontà, lo stare fermi ed il contenersi sono preferibili. In generale “se il piacere che genera la danza è lodevole, e la danza lo accresce e lo fortifica, allora la danza è lodevole… ” (Al Ghazali, 1902).

Anche se la differenza fra i sessi non è stata molto studiata rispetto all’accettabilità degli artisti, è sicuramente un fattore di primaria importanza.

Un noto Hadith, spesso citato per screditare le cantanti è “sawt al mar’a ‘awra” “la voce della donna è una cosa vergognosa”. Imam Al Ghazali lo spiega così: la musica è permessa quando non è un possibile mezzo per indurre in tentazione. La voce, soprattutto di una donna, può sedurre gli ascoltatori: se c’è tentazione la musica è proibita.

L’eccitazione causata dalla vista della donna è considerata più forte di quella causata dal suo ascolto. Le musiciste vengono solo ascoltate, le cantanti ascoltate ma anche guardate, ma le danzatrici non possono che essere guardate, per cui la danza è la più vergognosa fra le forme d’arte.

Comunque se la danza viene eseguita per sole donne ed in un tempo e luogo accettabile, e con un pubblico morigerato, è probabilmente permessa. Soprattutto per le donne parecchi contesti e forme di spettacolo sono proibiti, e non soltanto dai filosofi antichi.

Vari studiosi religiosi indicano che Dio non è contrario al piacere, ma il piacere non deve essere vissuto in circostanze immorali o con compagni dissoluti. Il contenuto delle canzoni non deve andare contro la morale e gli insegnamenti islamici. L’esagerazione non è mai auspicabile, e tanto meno lo è in uno spettacolo, per cui chi sa di venire troppo coinvolto dagli spettacoli è meglio che non vi prenda parte.

 

Bibliografia:

 

“A Trade Like Any Other” di Karin van Niewkerk, University of Texas Press, 1995

“Baladi Women of Cairo” di Evelyn A Early

 

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