mondo arabo | Danza e Musica Araba https://danzaemusicaaraba.com L'universo artistico del Medio Oriente Sat, 24 Aug 2019 18:12:58 +0000 it-IT hourly 1 Il congresso del Cairo (1932) “Concilio universale della musica araba” https://danzaemusicaaraba.com/il-congresso-del-cairo-1932-concilio-universale-della-musica-araba/ Mon, 04 Jun 2018 13:44:54 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=567 Per capirne il valore e gli intenti, sarà utile leggere il comunicato di indizione del Congresso e la lista degli invitati stranieri. Comunicato del Comitato organizzativo del Congresso di musica araba Degnandosi di inaugurare...

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Musica e storia Araba

Musica araba egiziana

Per capirne il valore e gli intenti, sarà utile leggere il comunicato di indizione del Congresso e la lista degli invitati stranieri.

Comunicato del Comitato organizzativo del Congresso di musica araba

Degnandosi di inaugurare ufficialmente l’Istituto di Musica Orientale, il 26 Dicembre 1929, Sua Maestà il Re espresse l’augusta volontà di riunire in Egitto un Congresso al quale partecipassero i grandi musicologi d’Occidente che si occupino della musica araba e che studino tutte le questioni relative allo sviluppo di questa musica, al suo insegnamento, alla sua organizzazione su basi scientifiche e sicure, riconosciute dal mondo musicale.

Si procedette poi, sotto l’alto patronato e le auguste direzioni di Sua Maestà, ai lavori preparatori necessari per la riunione ed il successo del Congresso. Al momento del progetto di questi lavori, Sua Maestà il Re si degnò di compilare il 20 Gennaio 1932 un elenco che designa i membri del Comitato d’organizzazione del Congresso , nominando il Ministro della pubblica istruzione in qualità di presidente di questo Comitato. L’apertura dei lavori preparatori delle commissioni tecniche è stata fissata il 14 Marzo 1932; l’inaugurazione dei lavori ufficiali del Congresso è il 28 dello stesso mese.

I grandi studiosi occidentali che si occupano di musica araba hanno accettato l’invito a collaborare ai lavori del Congresso. Hanno accettato altresì di parteciparvi i paesi che vi hanno potuto delegare una selezione di artisti che rappresentino la musica strumentale e vocale per collaborare agli studi tecnici.

Le questioni principali da studiare al Congresso sono: l’organizzazione della musica araba su basi solide che derivino dalla scienza e dall’arte e che verranno adottate da tutti i paesi arabi; lo studio dei mezzi propri a favorire lo sviluppo della musica araba; stabilire la scala musicale; la fissazione dei caratteri musicali; l’organizzazione della composizione vocale e strumentale; lo studio delle proprietà degli strumenti musicali; l’organizzazione dell’insegnamento della musica; la registrazione di canti e melodie nazionali di tutti i paesi; la compilazione dell’elenco delle opere stampate o manoscritte sull’arte musicale.

Sette commissioni tecniche sono state formate per uno studio approfondito di queste questioni, che durerà due settimane. Ogni commissione presenterà poi il suo rapporto sulla problematiche il cui studio le sarà stato affidato.

Il Comitato d’organizzazione ha giudicato bene di aggiungere alle commissioni tecniche un certo numero di personalità eminenti dell’arte musicale in Egitto. Le diverse commissioni sono:

1) La Commissione delle questioni generali;

2) La Commissione dei modi, del ritmo e della composizione;

3) La Commissione della scala musicale, che deve essere stabilita e di cui devono essere segnate le note;

4) La Commissione degli strumenti;

5) La Commissione della registrazione musicale;

6) La Commissione dell’insegnamento della musica;

7) La Commissione della storia della musica e degli scritti che hanno trattato della musica.

Musica araba

Musica storia Araba

Il Congresso sarà ufficialmente inaugurato il 28 Marzo 1932 con un discorso di Sua Eminenza il Ministro della pubblica istruzione. Comincerà, immediatamente dopo, i suoi lavori, che dureranno otto giorni durante i quali delibererà sui rapporti delle commissioni tecniche e prenderà una decisione su ciascun problema discusso.

Lo scopo di questo congresso è di fare, con dibattiti calmi e ponderati, uno studio minuzioso di questioni precise che permettano di stabilire delle regole scientifiche e tecniche destinate a reggere la musica araba.

Il Comitato organizzativo del Congresso accoglierà con piacere i suggerimenti che vorranno comunicargli i tecnici e gli specialisti, prima della data fissata per l’inizio dei lavori delle commissioni tecniche, cioè prima del 14 Marzo 1932, sulle questioni da sottoporre al Congresso e precisate in una brochure stampata, inviata a tutte le persone che ne faranno domanda al Segretariato del Congresso, Istituto di Musica Orientale, 22 Rue de la Reine Nazli, Il Cairo.

Il Comitato d’organizzazione del Congresso presenta i suoi vivi ringraziamenti ai Governi ed agli studiosi che hanno accettato di prendere parte ai lavori del Congresso e di aiutare il Governo a raggiungere lo scopo che si propone per questa manifestazione.

Ringrazia anche tutti gli egiziani che gli hanno portato il loro aiuto sia tramite consigli sia facendo parte delle commissioni o del Congresso.

Preghiamo Dio di assicurare i successo al Congresso, di dare lunga vita a Sua Maestà il Re, il Nostro Augusto Sovrano che veglia sulla rinascita ed il progresso del paese, in tutti i campi della sua attività, sotto il suo regno d’oro, così fecondo di grandi opere.

Ministero della pubblica istruzione

Congresso di musica araba

Sotto l’alto patronato di Sua Maestà il Re

Annesso VI

Nomi dei Signori Membri del Congresso che vengono dall’estero

Lista dei membri del Congresso che vengono dall’estero per ordine alfabetico dei nomi delle nazioni

Germania:

I Signori: Heinitz: dell’Università di Amburgo. Hindemith: dell’Accademia di musica di Berlino. Von Hornbostel: dell’Università di Berlino, direttore degli archivi fonografici. Lachmann: della Biblioteca Nazionale di Berlino. Sachs: dell’Università di Berlino, direttore del Museo degli strumenti musicali. Wolf: dell’Università di Berlino e direttore del dipartimento della musica alla biblioteca nazionale.

Austria:

Il signor Wellesz: dell’Università di Vienna.

Spagna:

Il signor Salazar: critico musicale.

Francia:

I signori: Il barone di Carra de Vaux: Orientalista arabista. Chantavoine: segretario generale del Conservatorio Nazionale di musica di Parigi. Chottin: del servizio delle arti indigene a Rabat. La signora Hercher Clément: dell’istituto di fonetica della Sorbona. La signora Lavergne: dell’istituto di fonetica della Sorbona. Rabaud: membro dell’Istituto, direttore del Conservatorio nazionale della musica. Stern: Archivista aggiunto del museo Giumet. Vuillermoz e signora: critichi d’arte musicale. Kadour Ben Ghabrit: Ministro plenipotenziario di Sua Maestà Chériffiana. Mohammed Ben Ghabrit: capo della delegazione marocchina. Prosper Ricard: capo del servizio delle Arti Indigene a Rabat. Hassan Abdel Ouahabg: Cadì governatore di Mahdia. Mohammed Ben Abdallah: consigliere Generale e Delegato finanziario di Tlemcen.

Gran Bretagna

Il signor Farmer dell’Università di Glasgow.

Ungheria

Il signor Bartok: Accademia musicale di Budapest.

Italia

I signori colonnello Pesenti: Orientalista. Zampieri: del Conservatorio di Milano.

Siria: Il signor Père Collangettes: dell’Università Saint- Joseph di Beirut.

Cecoslovacchia

I signori Haba ed il suo collaboratore: del Conservatorio di musica di Praga.

Turchia

I signori Raouf Yekta Bey: professore al Conservatorio di Istanbul. Massoud Djemil Bey: della Società di Istanbul.

Musica orientale

Storia della musica araba

La speranza del Congresso era principalmente quella di stabilire la scala musicale. Fortissima fu l’influenza della musica occidentale, favorita dal fascino che il diverso ha sempre sulle abitudini comuni della gente. Oggi però, con la fine del colonialismo, anche gli effetti della colonizzazione culturale si stanno attenuando, per cui si possono valutare meglio i risultati del Congresso.

Va tenuta presente la situazione della Turchia. La dominazione turca in Medio Oriente e nell’Africa mediterranea fu molto lunga. Rispetto alla cultura musicale, gli Ottomani avevano sempre avuto un grande prestigio, ed il contributo che il musicologo turco portò al Congresso fu il delineare le origini ellenistiche degli antichi trattati arabi.

Sotto Kemal Ataturk la nuova repubblica turca aveva riconquistato i propri confini, abolito la poligamia, separato il potere politico dalla religione, adottato l’alfabeto latino e riforme di stampo occidentale. L’alfabeto latino aveva la funzione di avvicinare la Turchia al mondo occidentale, ma riguardo alla musica le cose furono più libere: la Turchia prese spunto dall’organizzazione della musica in Occidente, delle teorie e del metodo di insegnamento, pur mantenendo le proprie radici saldamente legate alla tradizione orientale.

Prima del Congresso, un gruppo di intellettuali egiziani aveva fondato l’Istituto di Musica Orientale, il cui scopo principale era quello di ridurre l’influenza nefasta delle piccole scuole private che, insegnando la musica sulla falsa riga di quella europea, danneggiavano fortemente la musica araba. L’Istituto si assunse l’onere di stabilire e codificare elementi che fino ad allora erano sempre stati affidati alla trasmissione orale. La buona volontà attirò l’attenzione del re Fuad I (padre di Faruk), che elevò l’Istituto a Istituto Reale, appoggiando il Congresso.

Una delle questioni più spinose di cui si occupò l’Istituto fu quella della scala fondamentale. I pareri erano totalmente discordanti, e fu istituita una sottocommissione che, invece di misurare con un sonometro l’altezza delle varie note effettivamente suonate dai musicisti, preferì far loro ascoltare i vari gradi della scala preparata dal musicologo Amin ad Dik, registrando le loro opinioni sull’altezza di ogni nota. Evidentemente questo sistema era talmente soggettivo da non poter dar luogo ad una scala valida per tutti.

In realtà non fu possibile creare una scala perché tutti sapevano, profondamente che sarebbe stato un grave limite incasellare la musica araba in modelli prestabiliti, e forse questo fu utile per far capire a tutti più chiaramente la necessità di ritrovare un nuovo sviluppo sulla base della tradizione.

Riferimento bibliografico:

La musica araba nell’ambiente e nella storia di Pietro Righini

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Gli zingari egiziani terza parte https://danzaemusicaaraba.com/notioni-sugli-zingari-egiziani-terza-parte/ Thu, 29 Mar 2018 15:16:45 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=220 “Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto” Terza Parte di Giovanni Canova Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno. Quaderni del seminario...

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Terza Parte

di Giovanni Canova

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di Iranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

La festa. Ghawazee e Awalim

un gruppo di gitane

danze gitane

Nelle feste (farah, al plurale efrah, lett. gioia) di sotito c’é educazione (doq), anche se circola molto liquore e  hashish. Ma é pericoloso perché la gente spara in aria per l’eccitazione. Talvolta qualcuno ci rimette a pelle. Non é infrequente che le autorità proibiscano le feste incerte località, quando c’e stato un Tar, vendetta, per timore che la festa sia occasione di disordini.

Una volta le feste erano più modeste. Ci si faceva costruire da un falegname una cassa colorata, dove venivano messe dote e masserizie. Non c’era neanche il fornello (babur)! Il corteo (zaffah) era ravvivato da zammarin e raqqasin, ed iniziava nella casa della sposa per concludersi davanti a quella dello sposo. Ora invece viene usato un furgoncino ((tayutah,  “Toyota”) per portare i mobili, c’é la banda (mazika) e di sera c’é l’orchestra (ferqah) di  rababah o di mizmar. Una volta i contadini facevano le feste dopo il raccolto o pagavano con il loro prodotto, grano, mais, o davano un paio di lire egiziane, una ai musicisti o una alla ballerina. Adesso guadagnamo anche 100 lire egiziane per sera!  Il compenso é separato per i musicisti e le ragazze,  le offerte del pubblico sono però ripartite.

Le ballerine indossano un vestito con lustrini confezionato da loro stesse o dalle colleghe più anziane, che ormai non danzano più. Il costume tradizionale é quello che ancor oggi viene usato per la danza con il mizmar, é di origine “faraonica”.

L‘abito lungo usato per la danza con la rababah é invece nuovo. Qui in alto Egitto le ballerine si chiamano Ghawazee (sing.  Ghaziyah). Che differenza c’é con le Awalim (sing. almah)? Le awalem sono quelle della  città, della Mohammed Ali Street al Cairo. Non derivano da una famiglia di artisti. Ad  esempio, una ragazza fa l’amore con un tizio e si allontana della famiglia. Quello si prende  gioco di lei e la pianta, per vivere impara a cantare e a ballare e tira avanti in questo modo. Oppure ama un musicista, che la introduce nell’ambiente. Le Ghawazee invece sono  professioniste, nella loro famiglia ballano tutte. Da  noi non ci sono ballerini maschi sono solo nei grandi complessi, come la Ferqat Reda o la Ferqat Qawmiyyah.  La danza maschile era effettuata solo dagli arabi (= beduini). Si dispongono in una fila  (tabur) di 20-30 persone e danzano ritmando il tempo con il battito delle mani. Una ragazza velata, della loro stessa famiglia, balla dinanzi  a loro. Questo soprattutto più a sud, verso Edfu. Anche nelle nostre  feste talvolta ci sono ragazzi che ballano, ma sono solo degli  appassionati, non professionisti. C’é la raqset El Haggalah, fatta da uomini e donne della stessa tribù, gli arabi Sallum, disposti dieci da una parte e dieci dall altra.

la danza zingara

la danza gitana

Una volta i tatuatori venivano il giorno del mercato. Esponevano un pannello che costituiva il loro “catalogo” dei tatuaggi, per far scegliere al cliente. Gli uomini si facevano tatuare spade,  cavalieri, leoni ai polsi, upupe a fianco degli occhi…Le donne invece si facevano tatuare il mento, i polsi, il petto, nel mezzo, partendo dall’ombelico: una palma in senso verticale e ai lati, sopra il seno, due leoni.

In passato non c’era molto lavoro, cercavamo di guadagnare qualcosa nei Mulid (anniversari dei santi). In tale occasioni c’erano feste, danze, poeti, caffè, tutti i divertimenti. Andavamo anche ai Mulid dei cristiani, ai Mulid di San Giorgio  a Er Reziqat, presso Armant, il piu  grande del mondo. II governo ne ricava entrate per 100 mila lire egiziane. La gente sgozza pecore  in sacrificio: il vescovo ne prende un quarto, il convento e le guardie un quarto, e la  metà va al Wafq, al governo. Si lavora anche quando qualcuno parte e ritorna dal pellegrinaggio. Anche i cristiani ci chiamano per le loro feste di circoncisione o di nozze. Non c’è differenza. I cristiani e noi (=musulmani) siamo fratelli, gli ebrei sono figli di nostro zio. Il nostro comune progenitore è Ibrahim El Khalil (Abramo)”. Adesso però per il Hajj (pellegrinaggio), non ci sono più danze, ma di solito viene chiamato uno sheikh che organizza una Hadrah (o Dhikr). La banda, il mizmar o la rababah accompagnano poi il pellegrino e il corteo alla stazione”.

I musicisti e il canto epico

“Gli zammarin non sono della nostra gente, ma originari del posto; sono diventati musicisti di professione, ma il loro  padre poteva essere un fellah. Ci sono zammarin a Qoft e a Jarajos, e più a nord a Banja e Bardis. Alcuni sono andati al Cairo, come la fami- glia Al Hindi. Gli stili sono diversi, ma i migliori musicisti sono gli zammarin dell’ Alto Egitto.

Anche  i migliori suonatori di rababa sono dell’Alto Egitto. Una volta erano tutti mendicanti (shahhatin): passavano di porta in porta, si facevano dire i nomi o  altre informazioni e ci improvvisavano sopra delle lodi e dei complimenti, accompagnandosi con la rababa. In cambio ricevevano un po’ di cibo. Il musicista era solo, non in gruppo come adesso, e si spostava con un asino.

Anche i poeti che cantavano le gesta di Abu Zeyd Al Hilali giravano per i villaggi e le case di campagna. Radunavano la gente suonando per il paese con la rababa e poi organizzavano un’assemblea (rnajlis) in uno spiazzo, tutti seduti per terra. Lo sha’er (il poeta) iniziava la sua esibizione con una lode (madih) al Profeta, e cantava quindi un episodio del ciclo epico(sirah) dei Bani Hilal. I presenti offrivano qualche soldo, ponendolo in una ciotola messa davanti al musicista. Talvolta erano in due: il poeta con la rababa, accompagnato da un altro col tamburello. C‘erano poeti famosi come Hamdan, di giorno pescatore e di notte poeta. Si  esibiva qui a Luqsor durante il Mulid di Abu I-Hajjai. Ma i tempi sono cambiati: la gente adesso vuole canzonette, danze, cose insulse. Ci sono poeti con le rebabe o senza. Suonano nei caffé, nelle feste di matrimonio o di circoncisione, nei Mulid. Il ciclo epico piu famoso e più amato qui in Alto Egitto è quello di Abu Zeyd Al Hilali. Altre storie come quella di Anter ibn Shaddad o di Dhat El Himmah non sono She’r (poesie) ma racconti (Rivvayat)  tratti dai libri. Come le Mille e una notte, tutte storie da libri. Ci sono poeti fellah e poeti professionisti (=zingari). Jeber Abu Huseyn è il più grande poeta dell’Egitto. E’ di origine contadina, di un paese presso Sohaj. Un   poeta deve avere una bella voce, conoscere bene le poesie, eseguire con bravura il canto. Deve insomma saper eseguire le poesie nell‘ordine giusto (Nizam) con una buona tecnica (Ada’). Deve saper rnontare le parole (yerakkeb) e   fare una conclusione, in modo tale che l’ascoltatore sia invogliato a tornare la sera  successiva per vedere come va a finire.

Se uno come Jaber puo sposare una Nawarah? Se la nostra ragazza sposa un fellah non balla più: la fa restare in casa. Ma se sposa un artista può continuare a ballare. Jaber non è  un Fannan (artista di professione per tradizione famigliare) ma un  Ghewi (amatore). Si é messo in questo mestiere anche perché ha sposato una Maslubah e ha imparato la poesia.

Tra i Mataqil, i compianti Tawfiq e Qenawi, e i loro figli Shamandi e Mohammed sono stati bravi poeti. Anche tra i Masalib ci sono poeti, come Seyyed Ed  Duwi e Nadi Othman. “Sanno”  le poesie perché è il loro mestiere.

Anche una volta il poeta si chiamave Sha’er, sha’er es- sirah el- hilaliyyah. Ci sono anche altri poeti (cioè poeti dialettali o in lingua classica), come ad esempio Abd Er-Rahman el-Abnudi, ma questi non sono “poeti della rababa” o di Abu Zeyd. Il poeta non puo fare quelloche vuole. E’ necessario che segue la tradizione: al principio deve cantare le lodi del Profeta (yemdah) e la menzione di Dio (yedhkar). Solo adesso può iniziare con Abu Zeyd. Anche nella conclusione deve riprender il Madih iniziale. Ogni tanto puo interrompersi, per riposare, bere il caffe  o il tè; quando riprende deve iniziare ancore con un Madih. Il poeta che”afferra” direttamente l’episodio non  è Sha’er. Invece chi canta solo lodi al Profeta è un Maddeh, non uno Sha’ er. Sha’er e quello che declama le gesta degli Arabi, vera poesia è solamente la Sirah dei Bani Hilal”.

La lingua dei Nawar

danza gitana

danza zingara

“La nostra lingua d’origine é la persiana, ma poi si è modificata nel contatto con i Nawar e  con le altre genti. Per dire “Ma fish ‘esh” (non c’é pane),`loro dicono “Maku nan” (in Iraq maku= non c’e; in Persiano nan=pane), mentre noi possiamo dire “Makuwa nan”. Questa è pure lingua persiana, lo stesso vale per i numeri: yaki, dow, sos. ln Egitto non capiscono  questi numeri, perché è la nostra lingua. In Iran però li capiscono. Impieghiamo questo rotani (gergo) nel nostro lavoro. Ma i giovani ormai vanno a scuola, non vogliono più imparare la nostra lingua. Vogliono apprendere le lingue europee, per avere in futuro un buon posto. E  chi impara questo non vuole piu saperne del passato , vuol solo prendere un  diploma e impiegarsi. Così la nostra lingua andrà persa con  la nuova generazione”…. In questo rotani possiamo parlare di ogni cosa, é una lingua completa. La lingua dei Bahlawan é invece diversa. Gli Halab non hanno una lingua, ma solo parole contraffatte, senza fondamento. Anche gli zammarin hanno qualche parola gergale; ad esempio l’ancia del loro strumento si    chiama qeshshaya (paglia), chiamano la donna con questo nome! Invece il dischetto metallico dove va fissata l’ancia si chiama mat’am (luogo in cui si mangia), e cosi chiamano l’ uomo! Nella nostra lingua non c‘ é un nome per i suonatori di rababa o di flauto, né per la tablah. Chiamiamo gli zarnmarin “rnoramiyat el-malgam” (quelli che usano la bocca). Naturalmente ci sono molte cose nuove, che non esistevano nel passato; per alcuni oggetti costruiamo un nome, come per la radio, rnozanger (quello che parla) o l’orologio, moramit fawit (che indossa la mano).  l nostri nomi sono arabi Yusef, Musa… sono nomi antichi. Se ci sono parole con la ‘ain? Ce ne sono, come ‘amush (zio) e ‘azb (ghinea, lira egiziana). Anche la qaf esiste, ad esempio qanes (che sta in piedi). Noi parliamo come la gente dell’Alto  Egitto, con la gal (la qaf viene prenunciata “g” in alcune zone), con la jim (suone j dolce invece di gim dura come nel resto dell‘Egitto). Al Cairo pronunciamo la gim perché una volta un despota uccideva tutti quelli che pronunciavano la jim! Era all’epoca dei Greci. Non so se la nostra lingua sia mai stata scritta, non credo. Forse con l’alfabeto arabo-persiano. Se cerchi là in Kurdistan forse troverai qualcosa.

Nella nostra lingua possiamo dire qualunque cosa. Ma talvolta, ad  esempio se viene qualcuno per accordarsi su una festa e mia figlia dice una parola su cui non sono d’accordo, mi limito a farle un segno, un colpo di tosse o altro. Lei capisce, ma gli altri no, e così non si insospettiscono sentendoci parlare una lingua che non conoscono. In ogni caso tra di noi  parliamo ormai quasi sempre arabo (= l’arabo dell’Alto Egitto)”.

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Gli zingari egiziani seconda parte https://danzaemusicaaraba.com/gli-zingari-egiziani-seconda-parte/ Thu, 29 Mar 2018 15:12:09 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=218   “Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto” Seconda parte Giovanni Canova Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno. Quaderni del seminario...

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Seconda parte

Giovanni Canova

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di lranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

Gli altri gruppi zingari. La leggenda di Az Zir Salem

danze nomadi

danze zingare

“ll matrimonio presso i Nawar dipende dalla Sharia’ah di appartenenza. Tra di noi la dote richiesta è limitata: quanto un Nawar prende in sposa la figlia dello zio o di un parente, non deve versare molti soldi. Ma se una ragazza Nawarah sposa uno che non è della famiglia, non balla più. Per questo al pretendente viene chiesta una dote elevata. I Nawar possono sposare Halab, Mataqil, Bahlawan…, avviene spesso. Questi ultimi sono di origine egiziana, vengono da un paese che si chiama Tilbanah. Sono arabi Bani Murrah e si sono dispersi in seguito ad una guerra avvenuta molto tempo fa. ll loro progenitore è Jassas. Suo nipote si chiamava Az zir Salem, ed aveva un fratello di nome Kuleyb, sposato con Jalilah figlia di Murrah. Questo Jassas uccise Kuleyb, il marito di sua sorella. Az zir Salem era un prode cavaliere, come Abu Zeyd el Hilaii o Antar lbn Shaddad. Era forte come Sansone, affrontava i leoni a mani nude. Quando seppe che Jassas aveva ucciso suo fratello, si mise a far strage tra i Bani Murrah, notte e giorno. Eresse palazzi con i loro teschi! Lo implorarono di smettere; rispose che lo avrebbe fatto solo quando suo fratello Kuleyb avesse detto “Basta”. Un morto che parla? Misero uno nella sua tomba. Az Zir Salem disse :”Kuleyb, ho ucciso migliaia di Bani Murrah, sei soddisfatto’?” E quelluomo rispose: “Basta, sono soddisfattol” Ma dal momento che aveva parlato, Az Zir Salem volle vedere suo fratello. Scese nella tomba e trovò quel tizio. lrato lo uccise, e cominciò di nuovo a fare scempio dei Bani Murrah. La gente della tribù invocò il suo perdono. Disse che chi voleva avere salva la vita lasciasse il paese. Erano i giomi dell’anarchia, non c’era govemo! Ogni tribù aveva il suo capo. I Bani Murrah potevano andarsene, ma a delle condizioni:

1 le loro case fossero “sul dorso degli asini”;

2 non accendessero il fuoco di notte;

3 le donne cavalcassero, ma gli uomini dovevano marciare a piedi dietro di loro;

4 non si fermassero nei luoghi abitati per più di tre giomi.

Questi furono gli ordini di Az Zir Salem, e quella gente accettò e si disperse. Sono i Bahlawan; lavorano con le scimmie e fanno i saltimbanchi, ballano sui trampoli. A Redesiyyah, presso Edfu, c’è un mausoleo dedicato a Az Zir Salem, come per un Wali, uno sheikh.

All’epoca dei sultani c’erano anche i Baramkah. Sono diversi da noi. Il barmteki, in origine, è come il ruffiano (a’rs). Entrano nelle case, invitano gli uomini a dormire con le loro donne. Bevono e restano con loro, e si fanno dare dei soldi. E’ per questa ragione che la parola Barmeki è diventata un insulto. Ora non ce ne sono più, sono cose del tempo dell’anarchia, quando l’uomo faceva quello che voleva, non temeva Dio.

I Salaltah invece sono Nawar. ll loro avo si chiamava Sallut; a un certo punto si sono divisi da noi e hanno preso il nome di Bani Sallut.

Gli Halab fanno i fabbri: forgiano forbici, coltelli, falcetti. Sono originari della Siria, da Aleppo, e sono qui in Egitto da molto tempo.

l Ghajar vivono più a nord, molti sono ladri.

I Mataqil invece sono originari del Sudan, una volta erano schiavi. ll loro avo si chiamava Merjan, ed ebbe per figlio Metqal, che a sua volta generò Qenawi e Tawfiq. Sono bravi suonatori di rababah, ma hanno imparato a suonare questo strumento solo qua in Egitto, meno di un secolo fa.

I Masalib sono diversi da noi. Maslub significa… Sai, il campo, può nascere qualcosa senza che tu l’abbia seminata? Cresce grano, ma col grano ci sono le erbacce, venute su da sole, maledette (sheytani). l Masalib sono cosi, non hanno né famiglia né arte (professione). Girano vendendo stoffe, commerciano in piccole cose, suonano.

Anche i Sayaydah sono Masalib. Vagano per i villaggi e per le campagne con un grande tamburo (tabl esh-sheikh) e una bandiera, suonano davanti alle case. Prendono il loro nomeda Sayyed Ahmed El Badawi, la cui tomba si trova a Tanta. Hanno una specie di licenza rilasciata dalla sua confraternita. Noi chiamiamo i Nawar Daman, gli Halab Hanjaran, i Masalib Daggawan”.

La musica e la danza

i gitani

gli zingari

“Ci sono tra noi musicisti di flauto (Ghab) e di rababah. I suonatori di oboe (Zammarin) sono invece di origine locale. ll flauto è lo strumento più antico. Una volta c’erano gruppi formati da due o tre flauti, di diverse dimensioni, rababah e arghul (Zummarah farsi). Dopo che ci insediammo nel paese, le ragazze nawarah divennero famose e cominciarono a ballare al suono del mizmar turki (oboe). Questo strumento è di origine turca. L’arghul invece è egiziano, e si chiama farsi solo perché è ricavato da una canna che porta questo nome (busfarsi), con la quale si fanno anche i flauti. Si compone di diversi elementi, che si possono togliere per accordarsi con la voce del cantante; di solito si usa questo strumento per accompagnare i mawwal. Per i ritmi, c’è il Tar (al Cairo lo chiamano Mazhar), un tamburello costruito tendendo una pelle su un telaio circolare di legno. La tablah (darabukkah) e il riqq (piccolo tamburello con sonagli) sono invece stati introdotti in Alto Egitto da poco tempo. Ma adesso si vede di tutto, come in città: violini, chitarre, fisarmoniche. Si è tutto mescolato insieme, arabo e europeo (faranji).

Le nostre ragazze si sono specializzate nella danza. Anche tra gli Haiab e i Bahlawan ci sono ballerine, ma non da molto tempo. In ogni caso non apprendono bene l’arte come i Nawar. Le ragazze dei Masalib invece non ballano. La danza si é evoluta rispetto al passato.La nostra danza non è sharqi (“orientale”), ma shabi (popolare). Ci sono differenze, per  esempio nella posizione dei piedi: non si balla sulle punte, ma sempre con la pianta posata.  Mia figlia e raqqasah (ballerina) ora abbiamo la televisione. Vede per esempio Suheir Zaki o Samia Gamal, imita qualche loro movimento e lo introduce nella danza. Noi siamo professionisti, ci guadagnamo da vivere con la danza. E’ per questo che la rinnoviamo, inserendo motivi nuovi, che piacciono alla gente. La danza così si evolve, in base ai gusti e alle richieste del pubblico. Una volta c’erano altri canti, come “ya khayin ya zamani” (o tempo, o traditore), canzoni antiche; la ballerina cantava e gli zammarin la accompagnavano. C’erano anche altre danze, diverse dalle attuali, come  la Raqset es-nacah (danza della  cammella), effettuata con le mani sopra la testa, la Raqset es-seyf (danza della spada) o la Raqset el-bunduqiyyah (del fucile). Noi procediamo in base alla richiesta de mercato. Una volta c‘era una sola ballerina; adesso quando c’é  una festa ne mando due o tre assieme, cosi possono alternarsi. Le feste durano fino al mattino, talvolta per più giorni di seguito.

Gli uomini danzano Raqset el-asaya (dei bastoni o Tahtib) e Raqset el khey (dei cavalli o Mirmah) con gli zammarin“.

 

 

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Gli zingari egiziani https://danzaemusicaaraba.com/gli-zingari-egiziani/ Thu, 29 Mar 2018 15:06:48 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=215 “Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto” Prima parte Giovanni Canova Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno. Quaderni del seminario di...

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“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Prima parte

Giovanni Canova

la danza zingara ai festival

la danza gitana

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di lranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

Nell’Alto Egitto vi è un patrimonio folkloristico di base tipo canti di lavoro o legati al ciclo della vita, vi è un’attività di musica e di danza professionale ed un tipo di musica di consumo di origine cittadina.

La gente che si occupa di arte scenica professionalmente viene sentita dal popolo come estranea, straniera, tanto che viene chiamata “Halab”, proveniente da Aleppo, con valenze di straniero e vagabondo. Ai margini di ogni città c’è un accampamento o un quartiere dove abitano questi personaggi, evitato dalle persone per bene.

Nessuno conosce la loro origine, né si occupa della loro storia e cultura, e neppure loro stessi si occupano delle proprie origini, adattandosi alle credenze locali. Cosi accadde in Europa, quando i primi zingari comparvero nel secolo XIV, giustificando la loro bizzarria con il fatto che erano egiziani erranti per penitenza, per non avere offerto ospitalità alla Sacra Famiglia.

Giunti nel mondo arabo, gli zingari compresero subito l’importanza di avere un’origine, e se ne attribuirono una, anche se forse non la conoscevano per niente.

In Egitto ed in Siria uno dei termini per indicare gli zingari è Nuri, singolare di Nawar, che potrebbe essere una deformazione del termine Luri o Luli, che in persiano indica i musicistici di origine indiana.

I Nawar colsero subito che il loro nome contiene la radice araba NWR, che indica la luce, il fuoco, ed assunsero l’epitteto di Munawwar, illuminato, termine che di solito si riferisce allaMecca e a Medina, dicendo che Nawar sarebbe stato il nome dei custodi delle lampade del tempio. Dicono che furono costretti a scappare e peregrinare a causa delle ingiuste accuse di aver rubato le lampade, cosa che invece, dicono, era stata compiuta dagli ebrei.

Secondo una leggenda che narrano ancora i cantastorie, di solito zingari, i Nawar sarebbero scappati dalla penisola arabica insieme ai Bani Hilal, o in seguito alla guerra di Basus. La famiglia del loro progenitore Jassas fu condannata, avendo perso, ad errare senza dimora, mentre i discendenti del vincitore Az Zin furono destinati a lavorare la terra, divenendo contadini.

Secondo i lessicografi arabi El Azhari lbn Manzur ed Ez Zebeydi collegato alla radice NWR cè il termine Nurah, maga, e Nuri deriverebbe da questo termine, cosi come il verbo Nawwara, ingannare.

Nell’Alto Egitto il termine è pronunciato Nawwar o Nawwarah al plurale, e Nawwari o Nawwariyyah al singolare.

Esistono nell’Alto Egitto almeno quattro gruppi di zingari: i Nawar, gli Haiab, i Bahlawan ed i Masalib, ma sono tutti definiti comunemente Halab (nel medio e basso Egitto Ghajar, in Siria Nawar, in Iraq Kawli ecc.). Ogni gruppo ha però caratteristiche e tradizioni a sé stanti: i Nawar si dedicano alla musica ed alla danza professionale, gli Halab lavorano il ferro, i Bahlawan si esibiscono come giocolieri ed addestrano gli animali per spettacoli di tipo circense, i Masalib forse non sono neppure veri zingari, ma vengono ad essi accomunati per la tradizione di commercio e di musica. Una categoria a parte sono i Jamasi (jamus=bufalo), che girano vendendo latte (un tempo acqua), e si proclamano discendenti della tribù dei Banu Hilal. Questa attività è considerata disdicevole dalla tradizione contadina, che crede che pane, latte ed acqua non andrebbero venduti ma donati a chi ne ha bisogno.

In tutti i gruppi zingari vi sono dei poeti, ma le donne Masalib non ballano pubblicamente come invece fanno le altre. Manca loro culturalmente il senso di attaccamento alla casa e dalla terra tipici dei Fellahin (dicono che quando moriranno non potranno portarle con sé). Non rispettano le autorità sociali politiche, ma solo quelle degli anziani del gruppo. L’organizzazione familiare è di tipo islamico (poligamia, matrimonio endogamico, divorzio ecc). Gli uomini amministrano i beni ma le donne hanno un ruolo importante socialmente perché lavorano (sono danzatrici, giostraie, chiromanti, venditrici ambulanti ecc). l figli sono allevati dalle donne anziane e l’educazione è molto perrnissiva. Si tende a ritardare il matrimonio per motivi economici.

La gente comune ha una diffidenza molto profonda verso gli zingari, che sono visti come poco religiosi, immorali, rapitori di bambini, e soprattutto considera disdicevole che le donne zingare ballino in pubblico, anche se la danza è molto apprezzata da tutti nelle feste, che sono importanti occasioni sociali nelle campagne. La disapprovazione fra contadini e zingari è comunque reciproca, tanto che gli zingari chiamano i fellahin “Mokhkh maqful”, cervello chiuso, o anche “mokhkh nashef”, cervello secco.

I cantastorie zingari che narrano l’epica dei Banu Hilal sono molto importanti per tramandare la storia e la tradizione, soprattutto se si considera che in alcune regioni la popolazione non possiede altre fonti di informazione. l cantastorie si sentoni diretti discendenti di quella tribù, cosi come le ballerine si sentono le eredi culturali delle danzatrici barmecidi che davano spettacolo nelle corti abbasidi, se non addirittura delle danzatrici ritratte sulle piramidi e sulle tombe faraoniche.

Intervista a Yusef Mazin

Nawar di 75 anni, padre delle più famose danzatrici dell’Alto Egitto, stimato componente di una famiglia di artisti e profondo conoscitore delle tradizioni. L’intervista è stata registrata a Luqsor il 6 ottobre 1979. Yusef ha accettato di introdurci nel suo mondo a patto che Khomeyni non venga a sapere che i Nawar sono ancora vivi e lavorano in Egitto, nonostante i suoi anatemi.

Nella cultura Nawar è importantissima la tradizione artistica professionale familiare.

danze zingare ai festival

danze nomadi gitane zingare

I Nawar e le loro origini

“Mi chiamo Yusef Mazin Mohammad Khalifah Reshwan Abd el Al Hamad Abu n-Nur. E’ stato quest’uItimo, Hamad Abu n-Nur, a venire in Egitto dal Kurdistan con la sua gente, attraverso la Siria. Molto tempo fa, saranno passati più di 500 anni. Alcuni gruppi di Banu Nur si sono fermati in Siria, altri sono andati in Iraq e in Kuwait, altri ancora in Sudan, a Khartoum. Quelli che sono venuti in Egitto si sono stabiliti a Simbillawen (Al Mansurah), presso il Cairo, a El Fayyoum, a Farshut (Naj Hammadi), a Bdir e a Luqsor (Qena). I nostri avi dicevano che erano partiti dal Kurdistan. ll nome originario della nostra tribù è Al Haramshah; poi ci siamo mescolati e siamo diventati la tribù Nawar, ma in origine eravamo della Qabilqt Al Akrad. La nostra lingua era il farsi, ma è andata in gran parte persa, si è modificata. Ora siamo egiziani. Una volta giunti in Egitto dai confini della Persia i miei avi sono scesi e si sono sparpagliati lungo il Nilo. Non abitavano nei centri abitati, nei villaggi, ma in tende ai limiti del deserto. Dovettero cercarsi una professione per guadagnarsi da vivere: gli uomini impararono a suonare il flauto, e le ragazze si misero a cantare e a ballare. Fecero questo lavoro, si imparentarono con i Nawar e tutta la tribù divenne Nawarah. l Nawar in Egitto sonosempre stati degli artisti. Ma là nella nostra terra, nel Kurdistan, non ci sono Nawar, non c’è niente che si chiami cosi, ma Haramshah.

Perché ci chiamiamo Nawar? ll nostro progenitore è Hamad Abu n-Nur. Suo nonno aveva il compito di accendere le lampade al sacro recinto della Mecca. La sua famiglia si chiamava A’let Abu n-Nur. Ebbene, le lampade erano d’oro. Un giomo venne un ebreo dalla città di Kheybar e rubò le lampade. Abu n-Nur fu accusato del furto, e per punizione venne cacciato con tutta la sua gente. Ma il ladro era l’ebreo! Abu n-Nur emigrò nel Kurdistan, e da qui si spostò in altri paesi, la Siria, l’Egitto, perché là in Kurdistan non c’era sicurezza, c’erano guerre. Una volta dominava l’anarchia (fawda), una tribù che subiva dei torti non aveva nessuno a cui chiedere aiuto. La forte si mangiava la debole, costringendola ad abbandonare il paese”.

 

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Awalim https://danzaemusicaaraba.com/awalim/ Wed, 28 Mar 2018 18:13:42 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=161 Il termine ‘Almah, al plurale ‘Awalim, viene traslitterato in francese Almée, proposto al plurale come Almées. Viene dalla radice ‘alm, che indica sapere, conoscere. Le ‘Awalim erano donne colte, ed erano anticamente le intrattenitrici...

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Il termine ‘Almah, al plurale ‘Awalim, viene traslitterato in francese Almée, proposto al plurale come Almées.

Viene dalla radice ‘alm, che indica sapere, conoscere.

Le ‘Awalim erano donne colte, ed erano anticamente le intrattenitrici tradizionali di corte, le donne colte che cantavano e danzavano nelle corti reali. Si esibivano in gruppi esclusivamente femminili nelle residenze dei nobili durante l’epoca in cui i Khedive governavano l’Egitto ed in generale durante il periodo ottomano.

Si ritiene che l’epoca d’oro delle ’Awalim sia stata a cavallo fra ‘800 e ‘900. Le Almées conducevano un’esistenza chiaramente decente ed onesta. Non uscivano se non velate, e sfuggivano lo sguardo degli uomini. Gli eunuchi le andavano a prendere per portarle negli harem dei emiri, dei bey, dei nobili, dove, con le loro danze e musiche, intrattenevano le donne e le informavano sul mondo.

Quando Bonaparte invase l’Egitto, le ‘Awalim sloggiarono dal Cairo seguendo le donne dei Mamelucchi e non le si vide ricomparire che all’ultimo giorno dell’occupazione, “ancora tenendosi nascoste, non essendo possibile vincere la loro ripugnanza a cantare davanti a degli uomini e soprattutto davanti e dei francesi”. Ritornarono al Cairo solo dopo il ritiro dell’armata francese.

Le vere ’Awalim cantavano, danzavano e suonavano strumenti musicali nell’ambito della tradizione classica o “tarab”.

Il loro particolare genere di canto, chiamato “Taqtuqa” o Taqatiq al plurale, divenne molto popolare fra gli anni ’20 e ’30 nei caffè del Cairo e successivamente nei teatri chiusi di stile europeo.

Nel corso degli anni ’30 anche alcuni uomini cominciarono a cantare i Taqatiq, e si potrebbe dire che questo tipo di canto abbia contribuito alla formazione della prima struttura musicale popolare delle canzoni commerciali tanto diffuse nell’Egitto di oggi.

Verso il 1920, nacque un nuovo tipo di professionalità per le ’Awalim, che estesero le loro attività ai matrimoni dei benestanti borghesi, il cui linguaggio musicale comprendeva anche le strutture musicali Baladi.

Molte ’Awalim erano attive nel quartiere popolare della Mohammad Ali Street, in cui risiedevano, precisamente nella zona chiamata “Haret el ’Awalim”.

Festeggiare il matrimonio con le ’Awalim restò di gran moda fra le famiglie borghesi benestanti fino all’inizio degli anni ‘40. Alla fine di quel decennio, comunque, la tradizione delle ’Awalim era scomparsa: gli spettacoli divisi per sesso durante i matrimoni non erano più necessari.

Così i gruppi artistici di sole donne ai matrimoni divennero obsoleti.

Distinguere le Awalim dalle Ghawazee: vedi approfondimenti sulle Ghawazee.

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Ghawazi https://danzaemusicaaraba.com/ghawazi/ Wed, 28 Mar 2018 18:00:03 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=154 Ghawazi Vedi anche: “Ghawazi sull’orlo dell’estinzione” di Edwina Nearing Note sugli zingari egiziani estratto da “The serpent of the Nile” di Wendy Bonaventura Il termine Ghawazi è plurale femminile di Ghazi, “colui che combatte...

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Ghawazi

Vedi anche:

“Ghawazi sull’orlo dell’estinzione” di Edwina Nearing

Note sugli zingari egiziani estratto da “The serpent of the Nile” di Wendy Bonaventura

Il termine Ghawazi è plurale femminile di Ghazi, “colui che combatte per la fede, o che sottomette degli infedeli”. Il femminile singolare è Ghaziyah. Da non confondere con la ‘Awalim (vedi l’articolo dedicato)

E’ il nome degli zingari egiziani.

Affiliate ad una tribù le cui origini sono rimaste misteriose, le Ghawazi dicono di derivare da quei Barmecidi di cui Haroun al Rashid annientò la potenza. Esse si chiamano fra di loro Barameki o Barmeki ed erano fiere del sangue beduino che, dicevano, scorreva nelle loro vene. Il loro naso aquilino ed il loro colorito non molto più scuro di quello delle donne del sud dell’Europa non smentivano questa pretesa.

Fin dalla loro più tenera infanzia votate alla galanteria, venivano messe, appena adolescenti, nelle mani di qualche straniero che le sbarazzasse della verginità, e, una volta compiuto questa specie di sacrificio, le si dava in spose a qualche giovane della tribù.

Da quel momento, dice Auriant, avevano tutta la libertà di prostituirsi, oltre che di lavorare come danzatrici. Per questa duplice professione pagavano doppie tasse al governo egiziano, ed avevano regolari permessi di lavoro.

Tradizionalmente nomadi, secondo l’usanza dei beduini, le Ghawazi si spostavano per animare i Mouled (fiere), e si trovavano quindi un po’ ovunque in Egitto, sempre ai margini dei centri abitati, sotto le tende o nelle capanne di fango secco. Quelle del Cairo abitavano nel khan detto Hosn bardak.

Poste sotto la protezione di uno sheikh, erano sottoposte alla sorveglianza di uno Ouali, al quale pagavano una tassa e che le autorizzava ad esercitare la loro professione nei crocevia e nelle piazze pubbliche. Le accompagnavano dei suonatori di rababah o di mizmar, oppure delle Ghawazi anziane con il tamburello. Danzavano a viso scoperto, in mezzo ad un grande raggruppamento di persone. Da dietro i Mousharrabieh, balconi e finestre protetti da una griglia, le donne lanciavano loro pezzi di moneta per ricompensarle.

Accompagnavano persino i pellegrini alla Mecca, ed al ritorno, da buone fedeli, prendevano il titolo di Hadji.

Quando Bonaparte invase l’Egitto, le Ghawazi lavorarono tantissimo per i soldati, che erano per loro una vera manna dal cielo. L’affare era talmente grosso che l presenza delle Ghawazi nell’accampamento militare divenne un problema. Il generale responsabile dei soldati francesi chiese a Napoleone di provvedere. Le autorità egiziane fecero una retata, e tagliarono la testa a ben 400 Ghawazi.

Questa esecuzione non intimidì molto le sopravvissute, che gironzolavano dovunque ci fossero soldati.

Dopo la partenza dell’armata d’Oriente, le Ghawazi si dedicarono ai soldati del pascià: Venere seguiva Marte in tutti i suoi spostamenti!

Così tanto decantate, così tanto screditate dai viaggiatori, le Ghawazi, confuse sempre di più con le Almées, usurpandone il prestigio, erano divenute tanto celebri quanto le bayadere dell’India.

Il giudizio morale era pessimo, soprattutto perché gettava discredito su donne comunque musulmane, che per lavoro si gettavano persino sui cristiani europei: nel 1834 Mohammed Ali decise di fermare la sfrenata licenziosità delle Ghawazi.

Ma il problema era grosso: Mohammed Ali non era affatto un musulmano fanatico, e neppure un devoto, fece fatica a rinunciare al grosso introito finanziario prodotto dalle corporazioni di Ghawazi.

Alla fine dovette vietare il Cairo ed i suoi dintorni alle Ghawazi, pena le bastonate e, in caso di recidiva, l’esilio e i lavori forzati ad Esna.

Il divieto non toccò le ‘Awalim.

Le Ghawazi non ebbero che questa alternativa: o inquadrarsi, sposandosi con qualche uomo rispettabile, o raggiungere esse stesse qualche città dell’Alto Egitto.

Ecco che le Ghawazi divennero, insieme con il tempio consacrato a Kneph, recentemente disinsabbiato, la principale attrattiva dell’Alto Egitto. Risalendo o discendendo il Nilo, le chiatte battenti bandiera inglese, francese o americana vi facevano scalo, poiché i turisti ci tenevano assolutamente a vedere le “Almées” e le loro danze..

Flaubert nel suo viaggio in Egitto incontrò una Ghaziya, di cui parlò lungamente nelle sue “Correspondences”, Kutchiuk Hanem, dalla quale fra l’altro contrasse la sifilide che lo portò alla tomba.

Bibliografia:

Auriant “Koutchouk – Hanem l’Almée de Flaubert” Paris, Mercure de France, 1943

Articolo “Baladi personae” di Suraya Hilal, pubblicato sul sito www.hilaldance.co.uk

“Les observations de plusieurs singularités et choses mémorables trouvées en Gréce, Asie, Judée, Egypte, Arabia et autres pays étrangers” redatto in tre libri da Pierre Belon, di Mans. Paris 1553

“Voyage dans la Haute et Basse-Egypt” , C.S. Sonnini, Paris, an VII

“Arabic Proverbs, or the manners and customs of…”, John Burckhardt, London 1830

“Modern Egyptians” , E. W. Lane, London 1935

“Modern Egypt and Thebes”, Sir Gardner Wilkinson, London 1843

“The Jew, the Gipsy and El Islam” , Si Richard F. Burton, London 1898

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