orientalismo | Danza e Musica Araba https://danzaemusicaaraba.com L'universo artistico del Medio Oriente Mon, 04 Jun 2018 12:46:45 +0000 it-IT hourly 1 Racconti di viaggio dal mondo arabo https://danzaemusicaaraba.com/racconti-di-viaggio-dal-mondo-arabo/ Thu, 29 Mar 2018 16:20:32 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=238 Racconti di viaggio dei viaggiatori occidentali nel mondo arabo nella storia La scelta di questo materiale é stata fatta allo scopo di fornire testi il più possibile vari sul grandissimo panorama dei diari di...

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Racconti di viaggio dei viaggiatori occidentali nel mondo arabo nella storia
Racconti di viaggi dal mondo Medio orientale

Viaggi dal mondo Medio orientale

La scelta di questo materiale é stata fatta allo scopo di fornire testi il più possibile vari sul grandissimo panorama dei diari di viaggio, tenendo presente soprattutto i testi più importanti in materia (quello di Lane, quello di De Nerval e quello di Prisse D’Avennes).

Flaubert ha dedicato moltissima attenzione alla danza nella redazione del suo diario di viaggio in Egitto.

La selezione non pretende di essere completa: mancano infatti di certo i testi di autori importanti, ma servirà da introduzione. In tutte le grandi biblioteche sono disponibili vari diari di viaggio scrtti da occidentali nel periodo dal 1700 ai giorni nostri, e quasi tutti parlano almeno incidentalmenie della danza. Chiaramente la maggior parte dei testi fa riferimento all’Egitto, meta obbligatoria per tutti i viaggiatori e turisti di ogni tempo. Questa raccolta di testi ci può dare un’idea delle opinioni che giungevano in occidente riguardo al Medio Oriente in generale ed alla danza in particolare, e può essere spunto di molto interessanti riflessioni.Ricordiamo che la visione della danza araba che abbiamo qui in Occidente dipende in larga misura proprio da test

Edward William Lane 

The Manners & Customs of the Modern Egyptians

Londra e Toronto, pubblicato da J. M. Dent & sons Ltd. New York 1908,

su testo del 1836 (traduzione di Sabina Todaro)

Le danzatrici professionali

L’Egitto è stato a lungo celebrato per le sue danzatrici pubbliche; le più famose tra queste sono una tribù a sé, chiamata Ghawazee. (Quando venne scritto ciò, la danza femminile pubblica e la prostituzione sono state proibite dal governo, all’inizio di giugno, nell’anno 1834.

Le donne che venivano sorprese nell’infrazione di questa legge venivano punite con 50 frustate per la prima volta, e per infrazioni reiterate venivano anche condannate ai lavori forzati per uno o più anni: gli uomini sono sottoposti alla disciplina del bastone quando prendono parte a tali reati. Ma esiste un semplice stratagemma per evitare le punizioni in simili casi, che, si dice, viene adottato da molte persone. Un uomo può sposare una donna di malaffare, legalmente, e divorziarne il giorno seguente. Deve soltanto pronunciare due o tre parole, e pagare una piccola somma di denaro, che chiama “la sua dote”. Lui dice “Mi vuoi sposare?” lei risponde “Si” “Per quale somma?” chiede lui. Lei indica la somma; e lui gliela dà: lei diviene allora sua moglie a pieno diritto legale. ll giorno successivo, lui le dice che lei è stata ripudiata. Egli non deve preoccuparsi molto per la richiesta di lei di venire mantenuta per il periodo del suo “eddeh”, prima della fine del quale lei non potrà sposarsi legalmente con un altro uomo; il matrimonio che è appena stato contratto è sciolto è soltanto indicato come un mezzo per evitare la punizione nel caso in cui lei venisse sorpresa insieme all’uomo; e d’altro canto viene tenuto segreto; e la somma che lei potrebbe chiedere per il  proprio mantenimento durante il suddetto periodo è molto scarsa se comparata con quella che potrebbe ottenere prendendo un nuovo marito ogni due o tre giorni).

Racconti del Mondo Medio orientale

Le culture del mondo

Una donna di questa tribù è chiamata “Ghazeeyeh”; e un uomo “Ghazee”; ma il plurale Ghawazee è di solito concepito in riferimento alle donne. ll cattivo uso del termine “al’mehs” per indicare le comuni danzatrici di questo paese è già stato sottolineato. Le Ghawazee si esibiscono, non velate, nelle pubbliche strade, persino per divertire la plebaglia. La loro danza ha un eleganza minima; la sua peculiarità principale è un movimento molto rapido di vibrazione dei fianchi, da lato a lato. Cominciano con un certo grado di decoro; ma ben presto, sotto sguardi più animati, con un più veloce battito delle loro castagnette di ottone, e con crescente energia in ogni movimento, offrono uno spettacolo esattamente in accordo con le descrizioni che Marziale (Lib. X, Epigr. 79) e Giovenale (Sat. Xl, v. 162) hanno dato delle performances delle danzatrici di Gades. Gli abiti con cui si esibiscono normalmente in pubblico è simile a quello che viene indossato in Egitto dalle donne della classe media in privato, cioè nell’hareem; consiste in un Yelek, o un ‘Anteree, e un Shinttiyan ecc, di stoffe belle. Indossano inoltre vari ornamenti; i loro occhi sono bordati con il Kohl (o collirio nero); e la punta delle loro dita, il palmo delle loro mani, le dita e le altre parti dei loro piedi, sono solitamente decorati con il pigmento rosso dell’Henna, secondo l’uso generale della media e dell’alta classe delle donne Egiziane. ln generale, sono accompagnate dai musicisti (più che altro della stessa tribù), i cui strumenti sono il Kemengeh o il rabab con il Tar; o la Darabukkeh con la Zummarah o lo Zemr: il Tar è solitamente suonato da una vecchia donna. Le Ghawazee spesso si esibiscono nel cortile di una casa, o per la strada, di fronte alla porta, in alcune occasioni di festività nell’Hareem; come, per esempio, nell’occasione di un matrimonio, o della nascita di un bambino. Non vengono mai ammesse in un Hareem rispettabile, ma non è raro che vengano ingaggiate per rallegrare una festa di uomini nella casa di qualche libertino. In tal caso, come ci si potrebbe aspettare, le loro esibizioni sono ancora più lascive di quelle che ho appena descritto. Alcune di loro, quando si esibiscono di fronte a un pubblico maschile a una festa, indossano soltanto lo Shintiyan (o pantaloni) ed un Tob (una camicia o vestaglia larghissima, lunga e senza maniche) di garza, colorata,  semitrasparente aperta circa per metà di fronte. Per eliminare l’ultimo barlume di pudore che potrebbero ancora a volte per caso avere, sono copiosamente fornite di brandy o di qualche altro velenoso liquore. Le scene che ingaggiano non possono venire descritte.

Ho ben poco bisogno di aggiungere che queste donne sono le più lescive cortigiane dell’Egitto. Molte di loro sono estremamente belle; e la maggior parte sono riccamente abbigliate. Oltretutto credo che siano le più graziose donne dell’Egitto. Molte di loro hanno un sottile naso aquilino; ma sotto la maggior parte dei punti di vista, assomigliano alle altre donne del loro paese. Le donne, così come gli uomini, si divertono nell’assistere alle loro performances; ma molte persone delle classi più elevate, ed i più religiosi, le disapprovano.

Le Ghawazee si distinguono, in generale, come una casta dal volto differente, benché fine, dal resto degli Egiziani, difficilmente si può dubitare che appartengono, come esse stesse proclamano, a una razza diversa. La loro origine, comunque, è avvolta in molta incertezza. Chiamano se stesse “Baram’keh” e vantano di discendere dalla famosa famiglia che così si chiamava ed era oggetto di favori, e poi della capricciosa tirannia, di Haroon Er-Rasheed, e del quale leggiamo in diversi racconti delle “Mille e una notte”: ma, come un mio amico ha recentemente osservato, probabilmente non hanno diritto a chiamarsi “Baramikah” se non perché assomigliano a questa famiglia quanto a liberalità di un diverso tipo. ln molte tombe dell’antico Egitto troviamo rappresentazioni di danze femminili in intrattenimenti privati, al suono di vari strumenti, in un modo simile alle moderne Ghawazee, ma addirittura più licenziose; una o più di queste danzatrici venivano generalmente ritratte in stato di perfetta nudità, benché in presenza di uomini e donne di alto lignaggio. Crediamo che questo mododi danzare sia stato comune in Egitto, in tempi molto remoti, persino anteriori all’Esodo degli Israeliti, visti i monumenti cui qui si alludeva, la maggior parte dei quali indica i nomi dei re, cosa che prova la loro epoca. E’ ad ogni modo probabile che abbia avuto seguito senza interruzione; e forse le odierne Ghawazee discendono dalla classe di danzatrici che rallegravano gli egiziani al tempo dei primi faraoni. Dalla somiglianza con il Fandango spagnolo delle danze delle Ghawazee, possiamo supporre che questo sia stato introdotto in Spagna dagli arabi che conquistarono quel paese, laddove non fossimo informati che le Gaditanas, o donne di Gades (ora chiamata Cadice), erano famose per tali performance, al tempo dei primi imperatori romani. Comunque, benché dunque appaia che il licenzioso modo di ballare qui descritto è stato a lungo praticato in Spagna, non è improbabile che sia stato originariamente introdotto a Gades dall’Est, forse ad opera dei Fenici (dall’effetto che produsse, è probabile che la danza fatta dalla figlia di Erodiade sia stata del tipo quì descritto. Vedi Matteo XIV 6,7 o Marco, VI 22,23).

Le Ghawazee in un quadro orientalista

Le Ghawazee

Le Ghawazee più che altro si distinguono dalle altre classi, astenendosi dal matrimonio con qualunque persona che non appartenga alla loro tribù; ma a volte una Ghazeeyah fa voto di penitenza, e sposa un rispettabile arabo; che non viene considerato un disgraziato per una tale unione: tutte loro sono impegnate nella professione venale, ma non tutte come danzatrici; e la maggior parte di loro si sposa, benché nessuna lo faccia prima di dare inizio alla sua carriera di venalità. Il marito è sottoposto alla moglie: svolge per lei le mansioni di servo e manager; e di solito, se lei è una danzatrice, lui è anche il suo musicista: ma unapiccola parte fra di essi si guadagnano la sussistenza come fabbri o stagnini ambulanti. La maggior parte delle Ghawazee accolgono il più infimo passanta, se può pagare anche una somma molto ridotta. Benché alcune fra loro siano proprietarie di considerevoli beni, costosi ornamenti ecc, molte delle loro usanze sono simili a quelle della gente che noi chiamiamo “gipsies”, e che qualcuno suppone abbiano origine egiziana. E’ interessante che qualcuno fra gli zingari egiziani asserisca di discendere da un ramo della stessa famiglia a cui le Ghawazee fanno risalire le loro origini; ma la loro pretesa è da ascoltare meno di quella di queste ultime, poiché non puntano unanimemente tutti su questo aspetto. Avrò occasione di parlare di loro più in dettaglio nel prossimo capitolo. ll linguaggio comune delle Ghawazee è lo stesso che nel resto dell’Egitto; ma esse a volte fanno uso di una certa quantità di parole che appartengono solo a loro, al fine di rendere il loro discorso incomprensibile agli stranieri. Sono di fede musulmana, a giudicare da quanto professano; e spesso qualcuna di loro accompagna le carovane egiziane al pellegrinaggio alla Mecca. Ve ne sono in quasi tutte legrandi città in Egitto, e abitano in un quartire ristretto, vietato alle donne in generale. Le loro abitazioni consuete sono rifugi bassi o temporanei ripostigli, o tende; poiché spesso si muovono da una città all’altra: ma qualcuna si è stabilita in una casa grande; e molte posseggono schiave nere (dalla cui prostituzione aumentano i loro possessi) e cammelli, e mucche ecc., con cui commerciano. Curano i campi, e tutte le feste religiose e profane, delle quali sono, per molte persone, l’attrazione principale. Numerose tende di Ghawazee si vedono in tali occasioni. Alcune di queste donne aggiungono alle loro altre specialità l’arte del canto, e uguagliano le comuni Awalim. Quelle della classe inferiore sono vestite come le prostitute più povere. Alcune di esse indossano un tob di garza, sopra un’altra camicia, con lo Shintiyan, ed un crape o tarhah di mussolina; e di solito si decorano con una profusione di ornamenti, come collane, braccialetti, cavigliere, una fila di monete d’oro sopra il sommo della testa, e a volte un anello al naso. Tutte si decorano con Kohl ed henna. Visono alcune altre danzatrici e cortigiane che si danno il nome di Ghawazee, ma non appartengono realmente a questa tribù. ( Le cortigiane di altre classi sono sempre abbondate in ogni città dell’Egitto; ma dentro ed intorno alle metropoli, queste e le altre prima menzionate sono state generalmente particolarmente numerose; qualche quartiere è abitato esclusivamente da esse. Queste donne quando la loro professione era permessa dal governo, frequentemente si comportavano con la maggiore sfrontatezza ed audacia. l lorovestiti erano come ho descritto rispetto alle Ghawazee, o differivano da quelli delle donne rispettabili nel fatto di essere un po’ più allegri, e meno “vestiti”. Alcune donne della classe venale al Cairo non solo indossano il Burko,(o velo facciale), ma si abbigliano, in ogni particolare, come le donne modeste; dalle quali non possono venir distinte, eccezione fatta per il fatto che scelsero di scoprirsi. Simili donne si trovavano in quasi tutti i quartieri delle metropili. Molte di esse erano donne divorziate, o vedove; e molte erano le mogli di uomini i cui affari li obbligavano ad essere spesso all’estero. Tutte le prostitute riconosciute in Egitto pagano una “tassa di ingresso” (Firdeh). Le tasse pagate da quelle delle metropoli ultimamente ammontava all’ 800 purses (equivalenti a 4.000 sterline), cosa che non è inferiore al 10% del Firdeh di tutti gli abitanti messi insieme. Questo fatto può dare qualche idea della loro quantità in comparazione con la qualità delle persone che praticavano un onesto lavoro per ottenere la propria sopravivenza).

Molta gente del Cairo crede o persuade se stessa di considerare che non vi sia nulla di riprovevole nelle danze delle Ghawazee, se non il fatto che vengano rappresentate da donne, che non si dovrebbero esporre , e impiegano uomini a danzare alla stessa maniera, ma il numero di questi danzatori uomini, che per la maggior parte sono giovani, e che sono chiamati “Khawal” (il termine Ghaish, al plurale Gheeyash, viene pure applicato a persone di questa classe), è molto esiguo. Sono musulmani e nativi dell’Egitto. Poiché impersonano una donna, le loro danze sono esattamente le stesse descritte per le Ghawazee; e sono, nello stesso modo, accompagnate dal suono delle castagnette; ma, come per schernirsi dal venir creduti vere donne , il loro vestito è utile alla loro innaturale professione, essendo in parte maschile ed in parte femminile: principalmente consiste in un abito stretto, una guaina ed una specie di sottana. ll loro aspetto generale, comunque, è più femminile che maschile: lasciano che i capelli crescano lunghi, e di solito li intrecciano, al modo delle donne; i peli del viso,quando crescono, vengono tagliati; e imitano le donne anche nell’applicare kohl e henna agli occhi ed alle mani. Per le strade, quando non sono impegnate nella danza, spesso persino velano il loro viso; non per vergogna, ma puramente per imitare il modo delle donne.Spesso sono ingaggiati, preferendoli alle Ghawazee, per danzare davanti ad una casa, o nel suo cortile, in occasione di una festa di matrimonio, o della nascita di un bambino, o di una circoncisione; e frequentemente si esibiscono nei festival pubblici.

Vi è al Cairo un’altre classe di danzatori uomini, giovani uomini e ragazzi, le cui performances, i vestiti e l’aspetto generale sono quasi esattamente uguali a quelli dei Khawal; ma se ne distinguono per un appellativo diverso, “Gink”, un termine turco, che ha un significato volgare che indica bene le loro caratteristiche. Sono generalmente ebrei, armeni, greci o turchi.

Riassunto tratto dall’opera di Cristina di Belgioioso

“Vita intima e vita nomade in oriente” Ed. Ibis 1993

tradotta da Sabina Todaro dall‘originale francese “La vie intime et la vie nomade en orient” pubblicato in Revue des deux mondes 1855 da Sabina Todaro

II viaggio di cui si narra avvenne nel 1852, dall’Anatolia a Gerusalemme.

L’unico dovere che hanno accettato rispetto ai cristiani è l’ospitalità, e lo prendono dunque molto sul serio ma, trattandosi di un dovere e non di una scelta, è solo apparenza, e si deteriora facilmente. L‘ospite, il “muzafir” é inviato da Dio, e perciò è sempre il benvenuto, qualunque cosa faccia in casa tua. Però troverai il modo di farti ripagare di tutto!

Il muftì di cui sono ospite ha 99 anni, ma ha diverse mogli più giovani di 30 anni, e le considera vecchie, e moltissimi figli. Visita l’harem come se fosse la sua scuderia, ma non vivrebbe mai con le donne, considerando il luogo infetto, fumoso, caotico, tanto da offrire alla sua ospite un riparo altrove.

Il vecchio non sa quanti figli ha, poiché le femmine a 10 anni vengono mandate altrove per sposarsi o fungere da serve o dame di compagnia, ed i maschi a 14 anni se ne vanno dalla casa dei padre per lavorare. A volte qualcuno dei figli ritorna, ma il padre li vive come estranei, visto che la loro madre, magari, é morta.

Distruggo forse qualche illusione parlando con cosi poco rispetto degli harem. Abbiamo letto descrizioni di harem nelle “Mille e una notte”e in altri racconti orientali; ci é stato detto che in questi luoghi abitano la bellezza e gli amori: siamo autorizzati a credere che le descrizioni pubblicate, benché esagerate e abbellite, siano comunque basate sulla realtà, e che in questi misteriosi ritiri si debbano trovare riunite tutte le meraviglie del lusso, dell’arte, della magnificenza e della voluttà. Quanto siamo lontani dal vero! Immaginate muri anneriti e screpolati, soffitti in legno con crepe qua e là e coperti di polvere e di tele di ragno, sofà strappati e unti, cortine a brandelli, tracce di candela e di olio ovunque. Io che entravo per la prima volta in questi affascinanti ritiri, ne ero sgradevolmente colpita; ma le padrone di casa non se ne accorgevano.

La loro persona é conforme al resto. Poiché gli specchi sono molto rari in questo paese, le donne si mettono addosso a casaccio molti orpelli di cui non possono apprezzare l’effetto bizzarro. Appuntano molte spille di diamanti e pietre preziose su fazzoletti di cotone stampato che avvolgono intorno alla testa. Non c’e niente di meno curato dei loro capelli, e solo le grandi dame che hanno abitato nella capitale hanno dei pettini. Quanto al fard multicolore di cui fanno un uso smodato possono regolarne la distribuzione solo aiutandosi reciprocamente con i loro consigli, e poiché le donne che abitano la stessa casa sono altrettante rivali, incoraggiano volentieri le une con le altre le più grottesche colorazioni del viso. Si mettono del vermiglio sulle labbra, del rosso sulle guance, sul naso, sulla fronte e sul mento, del bianco a casaccio e come riempitivo, del blu intorno agli occhi e sotto il naso. Ancora più strano è il modo in cui si tingono le sopracciglia. Probabilmente é stato detto loro che, per essere bello, il sopracciglio deve formare un grande arco, ed esse ne hanno concluso che l’‘arco sarebbe stato tanto più ammirevole, quanto più fosse stato grande, senza chiedersi se il posto di quest’arco non fosse irrevocabilmente determinato dalla natura. Cosi, destinano alle sopracciglia tutto lo spazio esistente da una tempia all’altra, e dipingono sulla fronte due archi immensi che partono dalla radice del naso e se ne vanno ciascuno dalla propria parte fino alla tempia. Ci sono belle ragazze che preferiscono la linea dritta a quella curva e che si tracciano una grande riga nera attraverso la fronte; ma questi sono casi rari.

L’effetto di questo modo di pitturarsi combinato con la pigrizia e la mancanza di pulizia innate nelle donne orientali, é indiscutibilmente deplorevole. Ogni viso femminile é un’opera d‘arte complicata che non si potrebbe rifare ogni mattina. Persino le mani e i piedi, variopinti d’arancione, temono l’azione dell’acqua come nociva per la loro bellezza. Anche il gran numero di bambini e di domestiche, soprattutto negre, che popolano gli harem, e la situazione di parita in cui vivono padrone e domestiche, sono cause aggravanti della sporcizia generale. (…) in Asia i vetri rappresentano ancora una novità, Ia maggior parte delle finestre è chiusa con carta oleata, e là dove la carta é poco diffusa si rimedia a ciò eliminando completamente le finestre e accontentandosi della luce che penetra dal camino, luce più che sufficiente per fumare, per bere, e per frustare i bambini eccessivamente ribelli: sole occupazioni a cui si dedicano durante il giorno le urì (cioè le donne che i musulmani credono di meritarsi come compagne in paradiso) mortali dei fedeli musulmani. (pagg.34-36)

I dervisci parrebbero dai racconti monaci mendicanti musulmani, uomini santi sottomessi alle regole religiose. Portano amuleti qualunque. Sono stimati come guaritori e maghi. Hanno  varie mogli qua e là e conducono una vita errante. Alcuni vivono in comunita e  si dedicano a “opere pie”.

Ecco la descrizione di una cerimonia derviscia: “ll vecchio fece un segno ed uno dei derviscisi si alzò. Dapprima andò  ad inginocchiarsi davanti   al capo e a baciare la terra; questi gli  impose le mani come per dargli la sua benedizione, e gli disse a voce bassa qualche parola che non capii. Allora, alzandosi, il derviscio si tolse il mantello, la pelliccia di pelo di capra, e prendendo dalle mani di un confratello un lungo pugnale con il  manico ornato di campanelli, andò a mettersi in piedi in mezzo al locale. Dapprima calmo e assorto, si animò    gradualmente sotto la spinta di un moto interiore: il petto gli si gonfiò, le narici si dilatarono e  gli occhi ruotarono nelle orbite con una straordinaria rapidità.      Questa trasformazione era accompagnata e certamente aiutata dalla musica e dai canti degli altri dervisci che, dopo aver cominciato con un recitativo monotono, passarono ben presto alle grida e alle urla cadenzate, a cui il battito regolare e accelerato di un tamburello  imponeva un certo ritmo. Quando la febbre musicale raggiunse il parossismo, il primo  derviscio alzò e successivamente lasciò ricadere il braccio che reggeva  il pugnale,  apparentemente senza rendersi conto di quei movimenti e come mosso da una folza estranea.(… ). Alla musica si aggiunse la danza, e il derviscio protagonista eseguì dei salti  cosi prodigiosi, pur continuando sempre il suo canto da energumeno, che il sudore scorreva  sul suo petto nudo.

Era il momento dell’ispirazione. Brandendo il pugnale che non aveva mai abbandonato e la  cui minima scossa faceva risuonare i mille sonagli, tese il braccio in avanti; poi, piegandolo all’improvviso con forza, si conficcò la  lama nella guancia, cosicché la punta uscì all’interno della bocca. ll sangue apparve subito dai due tagli della ferita. (…) “Basta cosi figliolo, (…) vai a guarirti”.

Il derviscio si inchinò, estrasse la lama, e, avvicinandosi a uno dei suoi confratelli, si inginocchiò e gli mostro la guancia, che questi lavò  esternamente e internamente con la propria saliva. L’operazione duro solo pochi secondi; ma quando il ferito si alzò e si girò dalla nostra parte, ogni traccia di ferita era scomparsa”. (pagg. 53-55)

Quando gli orientali dicono che in un posto ci sono aria buona ed acqua fresca si stupiscono che non vi ci vogliate trasferire.

L’harem piu simile all’onesto ménage cristiano è quello del povero abitante di campagna: la moglie non è prigioniera della casa, e spesso non c’e un appartamento particolare per lei, e comunque nel suo spazio gli uomini non sono esclusi categoricamente. Qli uomini sono di rado poligami, e solo quelli che da giovani sposano una vecchia ricca, dopo un po’ di anni si risposano.

Benchè la legge e la morale glielo permettano, spesso non prendono una seconda mcglie per non dispiacere la prima. La donna ha diversi diritti in quanto rappresentante del sesso debole: può fingersi malata, lamentarsi e arrabbiarsi senza motivo, e il marito la accetta anche se né la legge nè le consuetudini la difenderebbero. Spesso gli uomini hanno mogli molto piu giovani di loro, ma a volte tengono con sé mogli molto anziane e malate.

Il turco, che non conosce altra societa che la sua, crede che niente sia bello e buono se non il suo paese.

Gli unici piaceri che concepisce sono quelli dei sensi, per cui le sue uniche occupazioni sono il cibo, il sesso e il riposo. Non conosce il piacere della cultura e della conversazione.

Ecco una descrizione dei normali rapporti uomo-donna: “Quando una delle sue mogli ha perso la freschezza della giovinezza, quando, per un motivo qualsiasi, ha smesso di piacergli, non la chiama piu vicino a sé, e ben presto dimentica la sua esistenza. Se ha visto al bazar una schiava che gli va bene, la compera, la porta a casa, e la proclama sua favorita.

Può essere idiota, golosa, ladra: egli ne è consapevole, ma che importa? Non ha illusioni. Come potrebbe averne, e perché? Egli sa bene che la giovane donna che stringe tra le braccia prova per lui solo odio e disgusto; sa bene che lei gli pianterebbe con piacere un pugnale nel cuore per guadagnare 10 piastre; sa bene che il suo amore é solo una febbre passeggera. (…) Ignora le gioie interiori, le ineffabili gioie del sacrificio. Non ha mai fatto una confessione che potesse nuocergli, né si è detto: sono stato fedele alla verita! Non ha mai anteposto la gioia di un altro alla sua, né si e detto: sono stato fedele ai miei affetti!(…)

Alta, forte, con una vita sottile, un colorito splendente, una massa di capelli neri e lucenti, la fronte alta e piena, il naso aquilino, occhi neri immensi e spalancati, labbra vermiglie e modellate come quelle delle statue greche dell’epoca classica, denti come perle, il mento arrotondato, il contorno del viso perfetto, questa è la georgiana. Ammiro veramente le donne di questa razza; poi, quando le ho ammirate per bene, giro la testa e non le guardo più, perché sono sicura di ritrovarle, quando ne avrò voglia, esattamente come le ho lasciate, senza un sorriso di più o uno di meno, senza un minimo cambiamento di espressione. Che le nasca un figlio o che gliene muoia uno, che il suo signore l’adori o la detesti, che la sua rivale trionfi o sia esiliata, il viso dslla georgiana è imperscrutabile. (molto spesso le schiave sono georgiane o circasse).

La circassa non ha né gli stessi vantaggi, né gli stessi inconvenienti. Le circasse sono nella maggior parte dei casi biondi; il loro colorito é di una freschezza incantevole, gli occhi sono blu, grigi o verdi, e i lineamenti, benché fini e graziosi, sono irregolari. Tanto la georgiana sciocca e altera, quanto la circassa è falsa e astuta. L’una è capace di tradire il suo signore, l‘altra di farlo morire di noia”. (pagg. 110-111)

Quando il signore compare, le donne dell’harem sembrano pendere dalle sue labbra, e sono silenziose e timide. Ma in realtà sono fra loro volgari e gridano, e odiano il signore.

l veli coprono e nascondono la donna, e, visto che forme e colori degli abiti sono tutti uguali, le donne per la strada sono irriconoscibili, per cui è facile per loro recarsi dove vogliono, e l’infedeltà non è un rischio.

Gli uomini turchi detestano le donne turche e le considerano stupide. Ma sono loro stessi a volerle semplici schiave!

Una donna sterile è disgraziata, inutile, quale che siano il suo stato sociale e il suo aspetto fisico.

I racconti dal mondo medio Orientale

Le storie del mondo medio orientale

Ecco una descrizione della vita delle donne sulle terrazze e della danza: “Era davvero uno spettacolo curioso quello di tutte quelle donne che si pavoneggiavano all’aria aperta, con i loro diamanti, a un’altezza a cui, dalle nostre parti, arrivano solo i gatti e gli spazzacamini. Queste signore passeggiavano, si facevano visita (sempre sui tetti), e si dedicavano lietamente ai giochi e alla danza. (…) C’e solo una danza nell’impero ottomano: è la stessa per i turchi, gli arabi, per tutte le nazioni musulmane sparse sul suo territorio; è la stessa per i greci e gli armeni sudditi della Sublime Porta, e questa danza universale merita appena il nome di danza. Due persone dello stesso sesso, ma sempre vestite da donna, si mettono l’una di fronte all’altra, con in mano delle nacchere, se ne hanno, due cucchiai di legno se invece mancano le nacchere, e anche niente del tutto; ma il movimento delle dita e la pantomima delle nacchere sono di rigore. Le due danzatrici piegano e distendono (stirano sarebbe più esatto) le braccia, scuotono rapidamente le anche, dondolano più lentamente la parte alta del corpo, scuotono leggermente i piedi senza tuttavia staccarli dal suolo. Pur continuando queste varie contorsioni, avanzano, indietreggiano, girano su se stesse e intorno a quella che sta loro di fronte, mentre il gruppo di musicanti, composto di solito da tamburello, grancassa e zufolo da pastore, batte il tempo, sempre più rapido. Cosa abbia di grazioso questa danza, lo ignoro; ma quello che ha di indecente colpisce subito anche gli occhi meno esperti”. (pag. 69)

 

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La pittura orientalista prima parte https://danzaemusicaaraba.com/la-pittura-orientalista-prima-parte/ Thu, 29 Mar 2018 15:47:50 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=232 Introduzione e riassunto del libro “La femme dans la peinture orientaliste” di Lynne Thornton Lynne Thornton è nata in Scozia. Dopo aver passato dieci anni lavorando da Sotheby’s, la famosa casa d’aste di Londra,...

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Introduzione e riassunto del libro “La femme dans la peinture orientaliste”

di Lynne Thornton

La danza medio orientale in pittura

la danza orientale in pittura

Lynne Thornton è nata in Scozia. Dopo aver passato dieci anni lavorando da Sotheby’s, la famosa casa d’aste di Londra, dove apprese moltissime cose riguardo l’arte, si trasferì a Parigi, dove è l’esperta della Chambre des Commissaires-Priseurs. Scrive regolarmente articoli di argomento artistico.

E’ specializzata sulla pittura accademica, simbolista e orientalista del XIX secolo, e dell’iniziodel XX, e ha redatto numerosi cataloghi per esposizioni di pittura orientalista.

Non aveva senso tradurre tutto per filo e per segno, anche perché il testo è accompagnato da una notevole quantità di esempi che si riferiscono ai numerosissimi quadri riprodotti nell’opera, a colori, e comunque impossibili da trasporre in fotocopia. Anche se, quindi, manca tutto l’apparato tecnico relativo al discorso sull’arte in se stessa, l’opera risulta comunque di estremo interesse per capire quanto l’Occidente abbia creato, basandosi sulla propria stessa immaginazione, un’intera iconografia estremamente complessa riguardo all’Oriente misterioso, citando di continuo se stesso. E’ assolutamente evidente che mai e poi mai uno straniero, uomo, per di più, sia mai potuto entrare in un harem o in un hammam, per cui tutte le immagini che si ambientano in questi luoghi sono da ritenersi opere di fantasia. Infatti, in ogni momento sono riconoscibili nelle immagini pittoriche chiari segni della provenienza totalmente occidentale di tutti i modelli di riferimento.

La danza nella visione orientalista occidentale

La pittura orientalista

I pittori ritraevano in realtà la vita delle donne europee, giocando poi con la fantasia piccante dell’esotismo. ln tal modo potevano anche costruirsi un alibi che permettesse loro di ritrarre scene di nudo femminile senza sentirsi coinvolti da un giudizio morale: l’ambiente esotico serviva dunque da giustificazione, poiché, non trattandosi dell’Europa, del Cristianesimo e della morale occidentale, le eventuali accuse di offesa alla morale ricadevano certamente sull’Oriente lascivo e sensuale.

La Thornton integra le immagini con racconti di viaggiatori e notizie varie, che offrono un quadro di informazioni molto vario sulla vita e la cultura dei paesi del Medio Oriente durante il secolo scorso.

A dispetto della falsità di tutto l’impianto, l’Orientalismo è stato tanto convincente (anche perché rispondeva evidentemente alle esigenze della intera società occidentale) che ancora oggi siamo tutti vittime delle sue invenzioni stereotipe, stregati dal fascino da sogno delle sue atmosfere.

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Danzatrici create dalla fantasia orientalista https://danzaemusicaaraba.com/le-danzatrici-di-danza-orientale-create-dalla-fantasia-orientalista/ Thu, 29 Mar 2018 15:40:29 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=228 Galleria di danzatrici di danza orientale create dalla fantasia orientalista dei primi del ‘900 La danza orientale è stata fatta oggetto di grandi attenzioni da parte degli orientalisti. La danza orientale è il mito...

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Galleria di danzatrici di danza orientale create dalla fantasia orientalista dei primi del ‘900
la visione della della danza orientale

quadro orientalista

La danza orientale è stata fatta oggetto di grandi attenzioni da parte degli orientalisti. La danza orientale è il mito della seduzione, della femme fatale, dell’esotismo erotico affascinante e dell’oriente misterioso, tutte figure importanti dell’immaginario collettivo orientalista che si concretizzano e si elevano al massimo splendore nella danza.

Le figure di danza orientale di queste immagini sono prese da cartoline francesi e americane di fine ‘800 e inizio ‘900. Si notano lle acconciature liberty, l’uso decorativo del cobra, altro elemento importante nell’immaginario orientalista, l’uso di abiti trasparenti e molto decorati, come suggerivano le fantasie costruite sui racconti delle “Mille e una notte” o sulla lettura di racconti di viaggio delle nobildonne o degli ambasciatori che si recavano per tutt’altre ragioni in oriente.

Le donne sono delle occidentali acconciate all’orientale, come si nota ad esempio dai bustini a vita di vespa o dalle gonne larghe di foggia europea. Le pose danzanti stanno sempre ad indicare che la danza orientale è seduzione.

La danza orientale comparve per la prima volta in America, all’Esposizione Internazionale di Chicago nel 1893. Le artiste che vi si esibivano provenivano dall’Egitto e dalla Siria, ed ebbero un enorme successo. Ecco le immagini delle artiste tradizionali

Ecco come la stampa accolse la danza orientale: una curiosità che desta soprattutto l’attenzione maschile e che ha molto successo. Fuori dal padiglione dedicato alla danza orientale dell’esposizione di Chicago, c’era sempre una grande coda, e dopo pochi anni erano più di cento le danzatrici che dichiaravano di essersi esibite alla Chicago Fair nella sola zona circostante!

Ed ecco come dopo qualche anno si esibiva la danzatrice orientale ritratta più in alto, nelle due immagini a sinistra, con il nome d’arte Little Egypt: ben diverso è l’abito, di certo più accattivante e adatto ad un pubblico occidentale. La danza orientale in America all’inizio del ‘900 entra nell’ambito degli intrattenimenti da circo, e viene praticata da attrici da avanspettacolo, di solito prive di qualunque formazione a riguardo, e spinte solo dalla necessità di lavorare.

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L’orientalismo come Moda, danza e cinema https://danzaemusicaaraba.com/lorientalismo-come-moda-danza-e-cinema/ Thu, 29 Mar 2018 15:35:52 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=226 L’Orientalismo come moda Le “Mille e una notte” e l’Orientalismo La prima traduzione delle “Mille e una notte” in una lingua occidentale, il francese, fu quella del 1704, ad opera del francese Antoine Galland,...

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L’Orientalismo come moda

Le “Mille e una notte” e l’Orientalismo

Mille e una notte

Quadro orientalista

La prima traduzione delle “Mille e una notte” in una lingua occidentale, il francese, fu quella del 1704, ad opera del francese Antoine Galland, in versione censurata. Non appena pubblicata, l’opera si impose all’immaginazione dei lettori.

I personaggi dei racconti vengono mitizzati, anche perché poche sono le persone che ne hanno una conoscenza diretta: più che altro, infatti, se ne diffonde la fama, più che la lettura di prima mano. Quindi ne viene accentuato ogni aspetto di esotismo, erotismo, amore e violenza, trascurandone del tutto il carattere spirituale dei racconti, che invece nell’opera è quello saliente. L’immagine che ne nascerà diventerà indelebile nell‘opinione pubblica generale.

Ecco l’Oriente poetico, erotico e brutale, che generò la serie dei clichés del repertorio orientalista: i califfi, i visir, le odalische, gli eunuchi….

L’orientalismo e la moda aristocratica in Francia

Nel 1714 l’ambasciatore di Francia Charles Ferriol pubblicò una raccolta di incisioni che divenne la più influente per quanto riguarda le conoscenze sui costumi ottomani, tratta più che altro dai quadri di Jean Baptiste Van Mour. Van Mour viveva a Costantinopoli, e là operava ritraendo i signori occidentali abbigliati in costume orientale.

Molti viaggiatori e diplomatici occidentali portarono i costumi orientali in Europa, dove dapprima cominciarono a diffondersi grazie alla moda dei balli mascherati e poi influenzarono la moda. Insieme agli abiti si diffusero anche i racconti pieni di fascino dei leggendari splendori dell’Impero Ottomano della Sublime Porta.

Per secoli si vagheggiava sul Grande Serraglio, l’Harem del palazzo turco, che oltre a tutto rimaneva inviolato, per cui nessuno ne poteva avere una conoscenza diretta.

Le “turcherie” ebbero successo a Parigi, tanto da influenzare la moda, il teatro, l’opera, il romanzo sentimentale e la pittura. Moltissimi pittori francesi furono influenzati dallo stile turchesco, senza tuttavia essersi mai recati in Medio Oriente.

Il pittore Jacques Aved divenne famoso per il ritratto di un ambasciatore turco, del 1772, e divenne di gran moda fra gli aristocratici farsene ritrarre in costume orientale.

Ovviamente in questi quadri i costumi e gli accessori erano orientali, ma l’architettura di contorno era neoclassica.

La commedia “Le tre sultane” di Favart ebbe nel 1761 un notevole successo, ispirando l’opera di artisti come Jean Etienne Liotard, che viaggiò davvero in oriente, e visse per un periodo a Costantinopoli, ed Honoré Fragonard.

A fine 700 Maria Antonietta e le sue cortigiane portavano vestiti “alla sultana” e pellicce “alla levantina”, mostrando quanto le turcherie, pur essendo un po’ tramontate in quasi tutti i campi, sopravvivessero come non mai in quello della moda.

Durante la campagna d’Egitto di Napoleone, nel 1802, si diffuse a Parigi la moda delle tuniche “alla mamelucca”, dei turbanti e dei tessuti d’arredamento a motivi orientali.

… e in Inghilterra

In Inghilterra la moda dei ritratti turcheschi ebbe successo per tutto l’800, anche grazie ai balli mascherati, che vi godevano di una forte popolarità, fenomeno che era altrettanto fiorente anche in Francia ed in Italia. Il ricordo di queste a volte leggendarie ed incredibili feste veniva spesso affidato a dipinti ed incisioni commissionate personalmente dai vari signori agli artisti.

Lady Mary Wortley Montagu viaggiò con il marito a Costantinopoli nel 1716, in missione diplomatica, per due anni, e adottò gli abiti orientali, attratta più dalla novità che dalla comodità. Al suo ritorno a Londra, influenzò la moda, e le donne dell’alta società, ma anche alcune cortigiane si fecero ritrarre in costumi originali turchi. Questo avveniva anche senza una passione per l’Oriente, del quale non si conosceva nulla, ma per moda e perché questo dava ai ricchi l’occasione di dare sfoggio delle proprie ricchezze materiali e alle donne della loro avvenenza fisica.

In Inghilterra la moda non fu influenzata dalle turcherie quanto in Francia, ma comunque entrarono nell’uso caftani aderenti, imbottiture, spille di pietre e turbanti, tutti modificati a seconda delle esigenze della moda del momento. Ma la cintura tempestata di pietre che accentua la curva dei fianchi e la rotondità dell’addome, tratto autentico degli abiti turchi femminili, è stata sempre considerata poco conveniente. Anche i pantaloni a sbuffo non divennero di moda, e furono accettati soltanto durante le feste mascherate.

I viaggi

La visione occidentale del mondo Orientale

Mille e una notte

Quando all’inizio del secolo XIX il numero dei viaggiatori in Oriente si moltiplicò, per cui cominciarono a circolare troppe informazioni di prima mano perché le turcherie fossero ancora credibili, la moda orientalista cominciò a calare. Fino ad allora, più che altro si conosceva la Turchia, per cui la comparsa di informazioni su altri paesi del Medio Oriente spesso fece cadere dei miti. Gérard de Nerval scrisse a Théophile Gautier che ben presto non ci sarebbero più stati luoghi dove potesse trovare un rifugio per i suoi sogni: per chi non ha viaggiato, un loto rimane pur sempre un loto, mentre per chi ha viaggiato un loto è una sorta di cipolla.

Ciononostante, molti artisti continuarono a permeare l’Oriente del loro personale alone romantico.

Lo scontro con la realtà non riesce a distruggere il mito

Quando la moda degli abiti orientali declinò, si perse anche quella dei ritratti di stile orientale.

Alla fine del secolo XIX gli abiti e le usanze dei paesi orientali furono in enorme misura influenzati dall’Occidente, privando l’Oriente di una buona parte del suo fascino romantico.

Ancora una volta furono le “Mille e una notte” a rilanciare l’interesse per l’Oriente. Comparvero a fine 800 nuove traduzioni non censurate dell’opera, la prima delle quali, saggia e poco ispirata, di Edward Lane, nel 1838-40, seguita da quella vigorosa e brillante di Richard Burton, nel 1885, ricca di note eccezionalmente dettagliate e precise.

Ma ad avere un successo-bomba fu la traduzione di Joseph Charles Mardrus, pubblicata in sedici volumi dal 1899 al 1904, fu illustrata da Léon Carréin Francia e da Edmund Dulac in Inghilterra. Ambedue i pittori si ispirarono alle miniature islamiche ed indiane, all’arte tibetana e giapponese. Le illustrazioni mostrano belle eroine agili e delicate.

Mardrus da bambino aveva appreso tutte le credenze, i costumi, le superstizioni della gente della vecchia Cairo da Aisha, la schiava di famiglia. Questa insolita educazione lo aiutò più tardi a dare maggior ricchezza alle traduzioni dei testi arabi.

Il balletto Shéhérazade

Fra tutte le opere, gli spettacoli, le commedie ed i film ispirati dalle “Mille e una notte”, enorme fu l’influenza del balletto Shéhérazade, presentato a Parigi da Diaghilev nel 1910. Decorazioni e costumi, opera di Léon Bakst, ebbero grando successo, con le loro combinazioni di colori violenti: smeraldo e arancione, blu e geranio, vermiglio e rosa furono una rivelazione per il pubblico, abituato a tenui toni pastello. L’argomento di quest’opera è un po’ forzato. Le donne dell’harem, approfittando della supposta assenza del loro padrone, il re Shahriar (che è alla ricerca della prova dell’infedeltà della sua favorita), si abbandonano ad un’orgia con gli schiavi neri. La storia termina in una vendetta bagnata di sangue. Il pubblico fu scioccato, ma trovò modo di assecondare il proprio codice morale grazie alla vendetta contro i colpevoli.

I costumi di Bakst tradiscono le ossessioni erotiche di un misogino incapace di stabilire una relazione con una donna. Non si trattava infatti soltanto di una esibizione di seni, di cosce e di ventri visibili grazie alle parti più aderenti dei costumi, ma anche di un erotismo espresso attraverso le posizioni stesse dei corpi, di una estrema aggressività.

Erano fortemente innovativi, con i loro colori squillanti, in contrasto con quelli tenui e sempre assortiti in gradazione dei costumi di scena.

Il sarto Paul Poiret lancia una collezione di abiti e di profumi orientali, influenzato dal balletto, facendo un enorme scalpore a Parigi. Poiret si dedicò anche al teatro, nel 1913, creando i costumi per lo spettacolo “Il minareto”. Il ruolo principale era affidato ad Ida Rubinstein, una russa di una bellezza strana, spesso ritratta da Bakst: dovendo diventare una perfetta odalisca, aveva bisogno di acconciature ed accessori appropriati, con cui potesse languire distesa su cuscini decorati. Per soddisfare questa esigenza, Poiret fondò una casa di decorazione per tessuti ed una serie di profumi dai nomi esotici.

La pubblicità sposa il mito orientalista

 

La visione Orientalista dal mondo occidentale

la Moda orientalista

Le esposizioni coloniali di Marsiglia, nel 1906 e nel 1922, con i loro incredibili padiglioni di stile orientale, con membri di tribù in costume tradizionale, danze e musiche, introdussero una nuova ventata di esotismo. Le affiches pubblicitarie di “creme orientali”, di prodotti per il viso, di saponi, di profumi e di dentifrici rappresentavano corpulente Ouled Nail, danzatrici egiziane o bellezze da harem vantando le qualità di questi prodotti: rendere le utilizzatrici del tutto irresistibili.

Fino alla prima guerra mondiale il trucco non era ben visto, ma poi si diffuse l’uso di cerchiare di nero gli occhi con il Kohl, e il mercato ne offrì di marche dal nome esotico, come Ouled Nail.

Anche se le fotografie e le cartoline delle colonie francesi e belghe, così come i film europei o americani, dai decori esotici, avessero continuato ad alimentare l’eterno bisogno di evasione del mondo occidentale, furono comunque soprattutto i quadri a far sognare il pubblico occidentale.

Il cinema orientalista

All’epoca del cinema muto, molte furono le attrici che crearono intorno a sé il mito misterioso della vamp, la seduttrice pericolosa. Una per tutte, Theda Bara. Agli inizi del ‘900 l’attrice scelse questo nome perché è l’anagramma di “arab death”, morte araba: desiderava infatti crearsi un immagine esotica di seduttrice araba maledetta. Gli occhi fortemente truccati, le espressioni cariche da diva del cinema muto, Theda Bara asseriva di essere nata sotto una piramide, allattata da un serpente, e che ogni suo amante o spasimante impazziva.

Del resto la figura della donna di spettacolo che, per arrotondare, dichiarava di essere “orientale” per costruire un personaggio esotico che la rendesse famosa è illustrata mirabilmente nel film di Gregory La Cava “La verità seminuda”, del 1936, nel quale un’artista circense il giorno in cui scopre che fingersi danzatrice del ventre non era più tanto vantaggioso e che le conveniva fingersi figlia di un principe arabo…

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L’orietalismo https://danzaemusicaaraba.com/lorietalismo/ Thu, 29 Mar 2018 15:30:07 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=224 Il mito dell’Orientalismo Negli ultimi dieci o quindici anni, con l’aumento delle possibilità di viaggiare, l’interesse per le culture “altre” sta crescendo, e anche le informazioni dei mass media ci stanno avvicinando un po’...

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Il mito dell’Orientalismo
La visione occidentale dell' Oriente

L’orientalismo

Negli ultimi dieci o quindici anni, con l’aumento delle possibilità di viaggiare, l’interesse per le culture “altre” sta crescendo, e anche le informazioni dei mass media ci stanno avvicinando un po’ di più a questi universi culturali nella loro realtà. Però, spesso non si hanno occhi per vedere le cose per come sono, e si tende comunque sempre a filtrare la realtà attraverso ciò che già se ne conosce. Inoltre c’è l’ostacolo, non indifferente, della lingua: come comunicare davvero, in un viaggio, che peraltro ha di solito un sacrosanto scopo vacanziero e non quello di una ricerca culturale, con persone che parlano lingue che non conosciamo o con cui possiamo intenderci magari solo con “l’inglese del turista”?

E’ molto interessante riflettere su quanto l’Occidente si sia creato un’immagine di Oriente come di un luogo esotico che spazia quasi senza distinzione dal mondo arabo alla Persia, alla Turchia, all’India, basandosi sulla propria stessa immaginazione, sulle proprie fantasie. Un’intera iconografia estremamente complessa riguardo all’Oriente misterioso, che cita di continuo, in realtà, ciò che l‘Occidente conosce: se stesso.

Ad esempio, tutti abbiamo visto le immagini dei quadri orientalisti e crediamo, per questo tramite, di conoscere le atmosfere degli harem o degli hammam del mondo arabo o della Turchia. E’ assolutamente evidente, invece, che mai e poi mai uno straniero, per di più uomo, sarebbe potuto entrare in un harem o in un hammam, luoghi privati destinati alle sole donne, per cui tutte le immagini che si ambientano in questi luoghi sono frutto della fantasia dell‘artista. Infatti, in ogni momento sono riconoscibili nelle immagini pittoriche chiari segni della provenienza totalmente occidentale di tutti i modelli di riferimento, dall‘architettura alle decorazioni.

I pittori ritraevano in realtà la vita delle donne europee, giocando poi con la fantasia piccante dell’esotismo. In tal modo potevano anche costruirsi un alibi che permettesse loro di ritrarre scene di nudo femminile senza suscitare commenti da parte dei moralisti: l’ambiente esotico serviva dunque da giustificazione, poiché, non trattandosi dell’Europa, del Cristianesimo e della morale occidentale, le eventuali accuse di offesa alla morale ricadevano certamente soltanto sull’Oriente lascivo e sensuale.

L’Orientalismo:

Le idee dell’orientalismo sono rappresentazioni dell’Oriente spesso del tutto distanti dall’Oriente reale, che a volte diviene un puro pretesto per parlare d’altro. Narrare la realtà dell’Oriente è un fattore di secondaria importanza.

Come accade sempre quando si tratta di cultura, qualunque opera sull’Oriente influenzerà le altre che seguiranno e sarà sempre influenzata dalle precedenti, ed anche dalle stesse idee preconcette dell’opinione comune. Queste idee a loro volta influenzeranno l’Oriente stesso.

Gli studiosi orientalisti presentano la loro materia di studio dandole una sistemazione quasi scientifica, che la renda chiaramente comprensibile al lettore. Il risultato di questo fenomeno è che il lettore avrà le idee molto chiare riguardo ad un Oriente… del tutto inventato dall’autore!

A dispetto della falsità di tutto l’impianto, l’Orientalismo è stato tanto convincente (anche perché rispondeva evidentemente alle esigenze della intera società occidentale) che ancora oggi siamo tutti vittime delle sue invenzioni stereotipe, stregati dal fascino da sogno delle sue atmosfere.

Il lontano Oriente

il lontano oriente nell’immaginario occidentale

Già dal 1700, l’Occidente tendeva a confrontarsi con la storia di altri popoli per esaltarsi. Lo scopo finale era di essere magnanimi con gli altri dall’alto della propria grandezza, o espandersi in terre lontane, e comunque classificare tutto in chiave occidentale.

Rispetto all’antica visione soltanto religiosa, la storia viene vista in un raggio più ampio, la cultura viene posta a confronto con altre, e non più ritenuta in qualche modo universale, ma l’orientalista vede se stesso comunque in modo quasi religioso: come un eroe che va a riscattare l’Oriente da secoli di buio.

Trasformato in categoria generale, in un tutto unico che con-fonde culture e paesi totalmente diversi e lontani, l’Oriente misterioso diviene simbolo dell’eccentricità. Flaubert stesso racconta di stranezze assurde che in Egitto sembravano cose normali.

Per quanto attento, il viaggiatore non è mai coinvolto direttamente nei fenomeni di cultura o di costume che incontra, anche perché non è esperto in quel campo specifico, e lo scopo del suo viaggio era tutt’altro, per cui non riesce mai a percepirne a fondo il vero significato. Cercherà perciò di delimitare quello che vede definendolo in categorie accettabili per un occidentale, che renderanno l’Oriente meno “pericoloso”.

Le idee sull’Oriente sono un vero e proprio corpus perfettamente organizzato dagli occidentali per “capire” l’Oriente a modo loro e farlo entrare nella cultura europea ed americana: una specie di tentato dominio su di esso. Inoltre, l’Oriente è visto come statico e immutabile: una teoria su di un verso del Corano diventava una realtà evidente, per gli occidentali, o un’osservazione su di un poeta arabo diventava una teoria valida per tutti i popoli arabi di tutti i tempi.

Ecco perché i valori dell’orientalismo andarono in crisi quando nacquero i movimenti di liberazione nazionale nelle colonie arabe, di certo incompatibili con la proverbiale passività fatalista di quei popoli!

L’orientalismo e l’Islam:

Il mondo Islamico è stato e forse ancora oggi è una grossa minaccia al potere occidentale, visto il grande successo politico e militare che ha avuto ovunque, verso Oriente, e visto il notevole incremento di conversioni all‘Islam che si stanno verificando in tutto il mondo. Il mondo arabo in questo modo lancia una sfida politica, economica e culturale all’Europa, arrivando a conquistare una estensione territoriale paragonabile solo a quella dell’impero romano al suo apogeo, e non è cosa da poco.

Lo stretto legame fra orientalismo e politica lascia sorgere dubbi sulla buona fede di alcuni studiosi, che potrebbero aver formulato teorie ad hoc per favorire il potere economico o politico del loro paese.

Oggi spesso l’opinione pubblica condivide una certa immagine degli orientali, di tutti gli orientali ed in particolare degli arabi, ancor più se di religione musulmana: che essi siano venali, lascivi, fiancheggiatori del terrorismo, incolti, ricchi solo perché rubano soldi all’Occidente vendendo il petrolio, che, come tutte le altre risorse mondiali… dovrebbe appartenere di diritto agli occidentali!

Rispetto all’Islam, la cultura dominante occidentale si è sempre dimostrata molto diffidente, dall‘epoca delle Crociate ai giorni nostri. Ad esempio, il termine “maomettano” è una invenzione orientalista, dispregiativa, che colloca l’Islam al livello di una qualunque eresia, e non di una religione altra, privandolo del suo valore e perciò della sua pericolosità.

Già Dante aveva posto nella profondità più infima dell’Inferno Maometto ed Ali, punendoli con il supplizio di venire sistematicamente tagliati in due. Maometto é l’impostore, e non vi sono mezze misure, non ha senso, nell’ottica dantesca, dargli una possibilità di valere.

Spesso, per quanto gli studiosi possano essere esperti nelle dottrine islamiche o nella cultura araba ecc., è possibile trovarsi di fronte a dissertazioni che, anche se, magari fatte a favore degli arabi, prescindono dalla loro attuale realtà storica, considerandoli come se si fosse ancora all’epoca di Maometto. Alcuni orientalisti sono consapevoli di questo fenomeno, ma lo giustificano dicendo che l’essenza stessa dell’Islam tende a rendere immutabili le società musulmane.

I primi orientalisti:

Come il mondo occidentale vede il mondo orientale

Gli orientalisti e il loro modo di vedere il mondo orientale

I primi orientalisti inglesi furono giuristi o medici, o linguisti con interessi filantropici, che speravano in un progresso delle scienze grazie ai loro studi.

Lo stesso Napoleone decise di conquistare l’Egitto grazie agli studi che aveva fatto in gioventù sulla storia araba e sulle idee che ne aveva, senza basarsi sulla realtà. Assunse per il suo viaggio in Egitto una serie di studiosi, che avevano il compito di osservare e descrivere la terra d’Egitto.

Napoleone in Egitto cerca di farsi accettare dalla popolazione, e così decide di assecondare il malcontento egiziano verso i mamelucchi, esorta i suoi soldati ad agire in modo consono ai dettami dell’Islam, fa tradurre in arabo coranico tutto ciò che dice, ecc. Quando si rende però conto dell’inferiorità numerica dei suoi soldati rispetto al popolo egiziano, cerca di indurre i religiosi locali ad interpretare il Corano in favore della Grande Armée, professando egli stesso amore per il Corano e per l’Islam.

Lesseps era convinto nel voler realizzare il canale di Suez, ed aveva capito che avrebbe dovuto incantare i suoi finanziatori con la promessa di entrare nella storia come coloro che avevano unito est ed ovest, ma soprattutto come coloro che avevano portato la civiltà agli infedeli.

L’amore per un Oriente idealizzato:

Un altro fenomeno nasce dall’Orientalismo: il mito dell’Oriente come di un luogo fantastico e felice, vagheggiato come speranza ed esempio per l’Occidente. Un esempio di questo fenomeno si ritrova anche oggi in certi filoni della New Age, che tendono a mitizzare tutto ciò che viene da oriente, come se fosse l’unica via che avesse un senso percorrere per poter vivere.

Anche in questo caso, studiare l‘Oriente è cercare una valvola di sfogo, una fuga nell‘esotico, e non è sostenuto dall’amore per la conoscenza dei puri e semplici fatti.

The post L’orietalismo first appeared on Danza e Musica Araba.]]> Il mito della danza dei sette veli https://danzaemusicaaraba.com/il-mito-della-danza-dei-sette-veli/ Thu, 29 Mar 2018 14:51:18 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=209 Salomé e il mito della danza dei sette veli Che quella di Salomé sia una figura assolutamente mitologica si comprende già dal suo nome: nella Bibbia non si nomina affatto Salomé, né tanto meno...

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Salomé e il mito della danza dei sette veli

Danza con i veli

i veli nella danza

Che quella di Salomé sia una figura assolutamente mitologica si comprende già dal suo nome: nella Bibbia non si nomina affatto Salomé, né tanto meno si descrive la sua danza. L’episodio si riferisce a la danza che la figlia di Erodiade, la cognata e concubina di re Erode Antipa, fece in onore dello zio/amante della madre. Erodiade odiava Giovanni Battista perché la aveva condannata moralmente per la sua condotta di concubina.

Ecco i passi del Vangelo che ne parlano:

Matteo 14,6-11

6 Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode 7 che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. 8 Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». 9 Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data 10 e mandò a decapitare Giovanni nel carcere. 11 La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.

Marco 6:21-28

21 Ma venuto un giorno opportuno che Erode, nel suo natalizio, fece un convito ai grandi della sua corte, ai capitani ad ai primi della Galilea, 22 la figliuola della stessa Erodiade, essendo entrata, ballò e piacque ad Erode ed ai commensali. E il re disse alla fanciulla: Chiedimi quello che vuoi e te lo darò. 23 E le giurò: Ti darò quel che mi chiederai; fin la metà del mio regno. 24 Costei, uscita, domandò a sua madre: Che chiederò? E quella le disse: La testa di Giovanni Battista. 25 E rientrata subito frettolosamente dal re, gli fece così la domanda: Voglio che sul momento tu mi dia in un piatto la testa di Giovanni Battista. 26 Il re ne fu grandemente attristato; ma a motivo de’ giuramenti fatti e dei commensali, non volle dirle di no; 27 e mandò subito una guardia con l’ordine di portargli la testa di lui. 28 E quegli andò, lo decapitò nella prigione, e ne portò la testa in un piatto, e la dette alla fanciulla, e la fanciulla la dette a sua madre.

Salomé con la testa del Battista

salomé

Salomé nella storia e la fantasia letteraria

Il nome di Salomé compare per la prima volta nel racconto storico di Giuseppe Flavio e la sua immagine compare in alcune monete (fra l’altro è l’unico personaggio biblico a comparire su monete che sono giunte sino a noi.

Il personaggio di Salomé si è prestato a diventare leggendario: una donna potente e che faceva ciò che le pareva, Erodiade, convince la bella e ingenua figlia ad usare le sue doti sensuali con il proprio stesso amante per ottenerne un proprio vantaggio.

La prima distorsione della sua storia è del 1863, con la biografia di Gesù scritta dal francese Ernest Renan, in cui Salomé viene dipinta come una donna moralmente depravata in maniera analoga alla madre. La sua danza pertanto non poteva che essere erotica.

Gustave Flaubert (che fra l’altro era amico personale di Renan, nonché assiduo viaggiatore in medio oriente) nel 1877, scrisse “Erodiade”, racconto nel quale l’elemento erotico venne sottolineato ancora di più. Nel racconto Flaubert prende sicuramente spunto dalla propria relazione con una prostituta/danzatrice incontrata in Egitto, da cui fu molto coinvolto e che lo contagiò del male, la sifilide, che lo porterà alla tomba.

Oscar Wilde nel 1893 pubblica la tragedia “Salomé”. In cui la donna viene descritta come un personaggio perverso: Salomé si innamora di Giovanni Battista, che la respinge, e lei riesce a baciarlo solo da morto.

Richard Strauss compone nel 1905 la sua opera lirica “Salomé” basata sulla rappresentazione di Wilde. La creazione della danza dei sette veli, che non ha alcun fondamento storicoin nessuna cultura del Medio Oriente, è stata molto probabilmente un’invenzione dello stesso Wilde o dello scrittore francese Pierre Louys, amico di Wilde e specializzato in letteratura a sfondo erotico.

 

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Flessibilità regale https://danzaemusicaaraba.com/flessibilita-regale/ Wed, 28 Mar 2018 19:10:20 +0000 http://danzaemusicaaraba.com/?p=178 Articolo uscito D la Repubblica delle Donne, allegato di La Repubblica del 24/09/2005 Movimento – Un lavoro muscolare fluido che dà armonia Di Letizia Michelozzi E’ una rielaborazione delle danze tradizionali egiziane fatta dalla...

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Articolo uscito D la Repubblica delle Donne, allegato di La Repubblica del 24/09/2005

Movimento – Un lavoro muscolare fluido che dà armonia

Di Letizia Michelozzi

E’ una rielaborazione delle danze tradizionali egiziane fatta dalla danzatrice e coreografa Suraya Hilal. Si chiama Hilal Dance® e, grazie alla sua qualità, è entrata a far parte delle arti teatrali, evitando la banalizzazione degli spettacoli a uso dei turisti. Qui grazie a un profondo e naturale lavoro corporeo, il movimento risulta organico, fluido ed elegante. Il danzatore si muove in modo morbido ma senza mollezza, sapendo dosare la forza muscolare nel modo più efficace. Perciò, la qualità del movimento e la postura migliorano rapidamente.

“Nella nostra società, la conoscenza e la coscienza del corpo sono piuttosto scarse”, spiega Sabina Todaro insegnante autorizzata in Italia, “tanto che ci rendiamo conto di avere una schiena solo quando ci fa male. Il primo passo verso un uso sano e rispettoso del corpo è quello della presa di coscienza del movimento. Quanto più saremo presenti e consapevoli nel nostro corpo tanto meglio lo potremo muovere.

In questo senso, il lavoro della Hilal Dance costruisce una coscienza corporea che rende possibile alla persona abitare il proprio corpo con una qualità nuova e più profonda. Attraverso il lavoro sul proprio baricentro, sull’allineamento, sull’elasticità e sul respiro si diverrà in grado di utilizzare appieno le proprie potenzialità, rendendo addirittura possibile il recupero della mobilità persa dopo incidenti”. Il segreto di questa magia è accessibile a tutti, attraverso l’integrazione olistica del corpo che permette di muoversi in maniera integrata, cioè ogni sua parte si muove insieme alle altre, in un tutto unico, in una coordinazione che si basa sulla natura stessa dell’organizzazione neurologica umana. corrieredellaseradanza

“Assecondare il movimento naturale del corpo aiuta a trovare armonia anche nella vita di tutti i giorni e in economia, senza sprecare energia”, continua l’esperta. “Così, si diventa non solo eleganti ma anche efficienti, evitando le cattive abitudini posturali e motorie che rendono il corpo rigido, favorendo l’insorgere di dolori muscolari e disturbi articolari”.

Altri benefici della Hilal Dance sono l’allineamento delle catene muscolari sottoposte alla forza di gravità, il rinforzo (per danzare bene occorre che i muscoli siano tonici ma privi di tensioni), il dosaggio dell’energia nel movimento (muoversi in modo elegante significa sapere quanta forza mettere nel gesto per poter interpretare tutte le sfumature della musica ed esprimerla con grazia). Infine, l’uso attento del respiro obbliga a muovere il diaframma in modo attivo, a percepire la collaborazione fra muscolatura addominale e attività respiratoria per rendere disponibili maggiori quantità di ossigeno. “Il diaframma dà sostegno alla parte alta del corpo”, sottolinea la Todaro. “Quando si contrae produce lo stesso effetto sui muscoli del pavimento pelvico, sostenendo gli organi interni. Se respirando non si usa correttamente il diaframma, sarà necessario sfruttare muscoli secondari, situati nella parte alta del torace, che disturbano la corretta posizione di collo e testa”.

Prima il respiro

La preparazione iniziale prevede un lavoro corporeo simile alo yoga e allo stretching che si svolge in piedi e a terra con esercizi di respirazione, allungamento, centratura, mobilità e si effettua sempre in modo solistico, considerando il corpo come n tutto unico. Ecco perché gli esercizi risultano molto fluidi, simili a una danza, inglobando sempre gambe, braccia, testa e persino lo sguardo.

In un secondo tempo, l’attività diventa più specifica e si basa suo movimento chiave della Hilal Dance: il pendolo (un movimento che si compie lateralmente e verticalmente, che ammorbidisce le linee curve del corpo), la forbice (una torsione che ricorda il modo di camminare degli animali e porta a essere più eleganti), la spirale e i giri (movimenti circolari utili per contattare il proprio baricentro, trovare più equilibrio e un nuovo modo di rapportarsi con lo spazio). Questa parte della lezione viene accompagnata solo dal ritmo o da una melodia.

repubblicadanza_150Infine, si passa alla danza vera e propria con attenzione alla qualità del movimento, all’uso dello spazio, all’espressività, alla relazione con la musica e con il pubblico, alla messa in scena teatrale, all’improvvisazione.

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