Ghawazi

Ghawazi

Vedi anche:

“Ghawazi sull’orlo dell’estinzione” di Edwina Nearing

Note sugli zingari egiziani estratto da “The serpent of the Nile” di Wendy Bonaventura

Il termine Ghawazi è plurale femminile di Ghazi, “colui che combatte per la fede, o che sottomette degli infedeli”. Il femminile singolare è Ghaziyah. Da non confondere con la ‘Awalim (vedi l’articolo dedicato)

E’ il nome degli zingari egiziani.

Affiliate ad una tribù le cui origini sono rimaste misteriose, le Ghawazi dicono di derivare da quei Barmecidi di cui Haroun al Rashid annientò la potenza. Esse si chiamano fra di loro Barameki o Barmeki ed erano fiere del sangue beduino che, dicevano, scorreva nelle loro vene. Il loro naso aquilino ed il loro colorito non molto più scuro di quello delle donne del sud dell’Europa non smentivano questa pretesa.

Fin dalla loro più tenera infanzia votate alla galanteria, venivano messe, appena adolescenti, nelle mani di qualche straniero che le sbarazzasse della verginità, e, una volta compiuto questa specie di sacrificio, le si dava in spose a qualche giovane della tribù.

Da quel momento, dice Auriant, avevano tutta la libertà di prostituirsi, oltre che di lavorare come danzatrici. Per questa duplice professione pagavano doppie tasse al governo egiziano, ed avevano regolari permessi di lavoro.

Tradizionalmente nomadi, secondo l’usanza dei beduini, le Ghawazi si spostavano per animare i Mouled (fiere), e si trovavano quindi un po’ ovunque in Egitto, sempre ai margini dei centri abitati, sotto le tende o nelle capanne di fango secco. Quelle del Cairo abitavano nel khan detto Hosn bardak.

Poste sotto la protezione di uno sheikh, erano sottoposte alla sorveglianza di uno Ouali, al quale pagavano una tassa e che le autorizzava ad esercitare la loro professione nei crocevia e nelle piazze pubbliche. Le accompagnavano dei suonatori di rababah o di mizmar, oppure delle Ghawazi anziane con il tamburello. Danzavano a viso scoperto, in mezzo ad un grande raggruppamento di persone. Da dietro i Mousharrabieh, balconi e finestre protetti da una griglia, le donne lanciavano loro pezzi di moneta per ricompensarle.

Accompagnavano persino i pellegrini alla Mecca, ed al ritorno, da buone fedeli, prendevano il titolo di Hadji.

Quando Bonaparte invase l’Egitto, le Ghawazi lavorarono tantissimo per i soldati, che erano per loro una vera manna dal cielo. L’affare era talmente grosso che l presenza delle Ghawazi nell’accampamento militare divenne un problema. Il generale responsabile dei soldati francesi chiese a Napoleone di provvedere. Le autorità egiziane fecero una retata, e tagliarono la testa a ben 400 Ghawazi.

Questa esecuzione non intimidì molto le sopravvissute, che gironzolavano dovunque ci fossero soldati.

Dopo la partenza dell’armata d’Oriente, le Ghawazi si dedicarono ai soldati del pascià: Venere seguiva Marte in tutti i suoi spostamenti!

Così tanto decantate, così tanto screditate dai viaggiatori, le Ghawazi, confuse sempre di più con le Almées, usurpandone il prestigio, erano divenute tanto celebri quanto le bayadere dell’India.

Il giudizio morale era pessimo, soprattutto perché gettava discredito su donne comunque musulmane, che per lavoro si gettavano persino sui cristiani europei: nel 1834 Mohammed Ali decise di fermare la sfrenata licenziosità delle Ghawazi.

Ma il problema era grosso: Mohammed Ali non era affatto un musulmano fanatico, e neppure un devoto, fece fatica a rinunciare al grosso introito finanziario prodotto dalle corporazioni di Ghawazi.

Alla fine dovette vietare il Cairo ed i suoi dintorni alle Ghawazi, pena le bastonate e, in caso di recidiva, l’esilio e i lavori forzati ad Esna.

Il divieto non toccò le ‘Awalim.

Le Ghawazi non ebbero che questa alternativa: o inquadrarsi, sposandosi con qualche uomo rispettabile, o raggiungere esse stesse qualche città dell’Alto Egitto.

Ecco che le Ghawazi divennero, insieme con il tempio consacrato a Kneph, recentemente disinsabbiato, la principale attrattiva dell’Alto Egitto. Risalendo o discendendo il Nilo, le chiatte battenti bandiera inglese, francese o americana vi facevano scalo, poiché i turisti ci tenevano assolutamente a vedere le “Almées” e le loro danze..

Flaubert nel suo viaggio in Egitto incontrò una Ghaziya, di cui parlò lungamente nelle sue “Correspondences”, Kutchiuk Hanem, dalla quale fra l’altro contrasse la sifilide che lo portò alla tomba.

Bibliografia:

Auriant “Koutchouk – Hanem l’Almée de Flaubert” Paris, Mercure de France, 1943

Articolo “Baladi personae” di Suraya Hilal, pubblicato sul sito www.hilaldance.co.uk

“Les observations de plusieurs singularités et choses mémorables trouvées en Gréce, Asie, Judée, Egypte, Arabia et autres pays étrangers” redatto in tre libri da Pierre Belon, di Mans. Paris 1553

“Voyage dans la Haute et Basse-Egypt” , C.S. Sonnini, Paris, an VII

“Arabic Proverbs, or the manners and customs of…”, John Burckhardt, London 1830

“Modern Egyptians” , E. W. Lane, London 1935

“Modern Egypt and Thebes”, Sir Gardner Wilkinson, London 1843

“The Jew, the Gipsy and El Islam” , Si Richard F. Burton, London 1898

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