Gli zingari egiziani

“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Prima parte

Giovanni Canova

la danza zingara ai festival

la danza gitana

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di lranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

Nell’Alto Egitto vi è un patrimonio folkloristico di base tipo canti di lavoro o legati al ciclo della vita, vi è un’attività di musica e di danza professionale ed un tipo di musica di consumo di origine cittadina.

La gente che si occupa di arte scenica professionalmente viene sentita dal popolo come estranea, straniera, tanto che viene chiamata “Halab”, proveniente da Aleppo, con valenze di straniero e vagabondo. Ai margini di ogni città c’è un accampamento o un quartiere dove abitano questi personaggi, evitato dalle persone per bene.

Nessuno conosce la loro origine, né si occupa della loro storia e cultura, e neppure loro stessi si occupano delle proprie origini, adattandosi alle credenze locali. Cosi accadde in Europa, quando i primi zingari comparvero nel secolo XIV, giustificando la loro bizzarria con il fatto che erano egiziani erranti per penitenza, per non avere offerto ospitalità alla Sacra Famiglia.

Giunti nel mondo arabo, gli zingari compresero subito l’importanza di avere un’origine, e se ne attribuirono una, anche se forse non la conoscevano per niente.

In Egitto ed in Siria uno dei termini per indicare gli zingari è Nuri, singolare di Nawar, che potrebbe essere una deformazione del termine Luri o Luli, che in persiano indica i musicistici di origine indiana.

I Nawar colsero subito che il loro nome contiene la radice araba NWR, che indica la luce, il fuoco, ed assunsero l’epitteto di Munawwar, illuminato, termine che di solito si riferisce allaMecca e a Medina, dicendo che Nawar sarebbe stato il nome dei custodi delle lampade del tempio. Dicono che furono costretti a scappare e peregrinare a causa delle ingiuste accuse di aver rubato le lampade, cosa che invece, dicono, era stata compiuta dagli ebrei.

Secondo una leggenda che narrano ancora i cantastorie, di solito zingari, i Nawar sarebbero scappati dalla penisola arabica insieme ai Bani Hilal, o in seguito alla guerra di Basus. La famiglia del loro progenitore Jassas fu condannata, avendo perso, ad errare senza dimora, mentre i discendenti del vincitore Az Zin furono destinati a lavorare la terra, divenendo contadini.

Secondo i lessicografi arabi El Azhari lbn Manzur ed Ez Zebeydi collegato alla radice NWR cè il termine Nurah, maga, e Nuri deriverebbe da questo termine, cosi come il verbo Nawwara, ingannare.

Nell’Alto Egitto il termine è pronunciato Nawwar o Nawwarah al plurale, e Nawwari o Nawwariyyah al singolare.

Esistono nell’Alto Egitto almeno quattro gruppi di zingari: i Nawar, gli Haiab, i Bahlawan ed i Masalib, ma sono tutti definiti comunemente Halab (nel medio e basso Egitto Ghajar, in Siria Nawar, in Iraq Kawli ecc.). Ogni gruppo ha però caratteristiche e tradizioni a sé stanti: i Nawar si dedicano alla musica ed alla danza professionale, gli Halab lavorano il ferro, i Bahlawan si esibiscono come giocolieri ed addestrano gli animali per spettacoli di tipo circense, i Masalib forse non sono neppure veri zingari, ma vengono ad essi accomunati per la tradizione di commercio e di musica. Una categoria a parte sono i Jamasi (jamus=bufalo), che girano vendendo latte (un tempo acqua), e si proclamano discendenti della tribù dei Banu Hilal. Questa attività è considerata disdicevole dalla tradizione contadina, che crede che pane, latte ed acqua non andrebbero venduti ma donati a chi ne ha bisogno.

In tutti i gruppi zingari vi sono dei poeti, ma le donne Masalib non ballano pubblicamente come invece fanno le altre. Manca loro culturalmente il senso di attaccamento alla casa e dalla terra tipici dei Fellahin (dicono che quando moriranno non potranno portarle con sé). Non rispettano le autorità sociali politiche, ma solo quelle degli anziani del gruppo. L’organizzazione familiare è di tipo islamico (poligamia, matrimonio endogamico, divorzio ecc). Gli uomini amministrano i beni ma le donne hanno un ruolo importante socialmente perché lavorano (sono danzatrici, giostraie, chiromanti, venditrici ambulanti ecc). l figli sono allevati dalle donne anziane e l’educazione è molto perrnissiva. Si tende a ritardare il matrimonio per motivi economici.

La gente comune ha una diffidenza molto profonda verso gli zingari, che sono visti come poco religiosi, immorali, rapitori di bambini, e soprattutto considera disdicevole che le donne zingare ballino in pubblico, anche se la danza è molto apprezzata da tutti nelle feste, che sono importanti occasioni sociali nelle campagne. La disapprovazione fra contadini e zingari è comunque reciproca, tanto che gli zingari chiamano i fellahin “Mokhkh maqful”, cervello chiuso, o anche “mokhkh nashef”, cervello secco.

I cantastorie zingari che narrano l’epica dei Banu Hilal sono molto importanti per tramandare la storia e la tradizione, soprattutto se si considera che in alcune regioni la popolazione non possiede altre fonti di informazione. l cantastorie si sentoni diretti discendenti di quella tribù, cosi come le ballerine si sentono le eredi culturali delle danzatrici barmecidi che davano spettacolo nelle corti abbasidi, se non addirittura delle danzatrici ritratte sulle piramidi e sulle tombe faraoniche.

Intervista a Yusef Mazin

Nawar di 75 anni, padre delle più famose danzatrici dell’Alto Egitto, stimato componente di una famiglia di artisti e profondo conoscitore delle tradizioni. L’intervista è stata registrata a Luqsor il 6 ottobre 1979. Yusef ha accettato di introdurci nel suo mondo a patto che Khomeyni non venga a sapere che i Nawar sono ancora vivi e lavorano in Egitto, nonostante i suoi anatemi.

Nella cultura Nawar è importantissima la tradizione artistica professionale familiare.

danze zingare ai festival

danze nomadi gitane zingare

I Nawar e le loro origini

“Mi chiamo Yusef Mazin Mohammad Khalifah Reshwan Abd el Al Hamad Abu n-Nur. E’ stato quest’uItimo, Hamad Abu n-Nur, a venire in Egitto dal Kurdistan con la sua gente, attraverso la Siria. Molto tempo fa, saranno passati più di 500 anni. Alcuni gruppi di Banu Nur si sono fermati in Siria, altri sono andati in Iraq e in Kuwait, altri ancora in Sudan, a Khartoum. Quelli che sono venuti in Egitto si sono stabiliti a Simbillawen (Al Mansurah), presso il Cairo, a El Fayyoum, a Farshut (Naj Hammadi), a Bdir e a Luqsor (Qena). I nostri avi dicevano che erano partiti dal Kurdistan. ll nome originario della nostra tribù è Al Haramshah; poi ci siamo mescolati e siamo diventati la tribù Nawar, ma in origine eravamo della Qabilqt Al Akrad. La nostra lingua era il farsi, ma è andata in gran parte persa, si è modificata. Ora siamo egiziani. Una volta giunti in Egitto dai confini della Persia i miei avi sono scesi e si sono sparpagliati lungo il Nilo. Non abitavano nei centri abitati, nei villaggi, ma in tende ai limiti del deserto. Dovettero cercarsi una professione per guadagnarsi da vivere: gli uomini impararono a suonare il flauto, e le ragazze si misero a cantare e a ballare. Fecero questo lavoro, si imparentarono con i Nawar e tutta la tribù divenne Nawarah. l Nawar in Egitto sonosempre stati degli artisti. Ma là nella nostra terra, nel Kurdistan, non ci sono Nawar, non c’è niente che si chiami cosi, ma Haramshah.

Perché ci chiamiamo Nawar? ll nostro progenitore è Hamad Abu n-Nur. Suo nonno aveva il compito di accendere le lampade al sacro recinto della Mecca. La sua famiglia si chiamava A’let Abu n-Nur. Ebbene, le lampade erano d’oro. Un giomo venne un ebreo dalla città di Kheybar e rubò le lampade. Abu n-Nur fu accusato del furto, e per punizione venne cacciato con tutta la sua gente. Ma il ladro era l’ebreo! Abu n-Nur emigrò nel Kurdistan, e da qui si spostò in altri paesi, la Siria, l’Egitto, perché là in Kurdistan non c’era sicurezza, c’erano guerre. Una volta dominava l’anarchia (fawda), una tribù che subiva dei torti non aveva nessuno a cui chiedere aiuto. La forte si mangiava la debole, costringendola ad abbandonare il paese”.