Gli zingari egiziani terza parte

“Notizie sui Nawar e sugli altri gruppi zingari presenti in Egitto”

Terza Parte

di Giovanni Canova

Articolo contenuto nell’antologia “La bisaccia dello Sheikh” omaggio ad Alessandro Bausani, islamista, nel sessantesimo compleanno.

Quaderni del seminario di Iranistica, uralo-altaistica e caucasologia dell’Università degli Studi di Venezia, 1981

La festa. Ghawazee e Awalim

un gruppo di gitane

danze gitane

Nelle feste (farah, al plurale efrah, lett. gioia) di sotito c’é educazione (doq), anche se circola molto liquore e  hashish. Ma é pericoloso perché la gente spara in aria per l’eccitazione. Talvolta qualcuno ci rimette a pelle. Non é infrequente che le autorità proibiscano le feste incerte località, quando c’e stato un Tar, vendetta, per timore che la festa sia occasione di disordini.

Una volta le feste erano più modeste. Ci si faceva costruire da un falegname una cassa colorata, dove venivano messe dote e masserizie. Non c’era neanche il fornello (babur)! Il corteo (zaffah) era ravvivato da zammarin e raqqasin, ed iniziava nella casa della sposa per concludersi davanti a quella dello sposo. Ora invece viene usato un furgoncino ((tayutah,  “Toyota”) per portare i mobili, c’é la banda (mazika) e di sera c’é l’orchestra (ferqah) di  rababah o di mizmar. Una volta i contadini facevano le feste dopo il raccolto o pagavano con il loro prodotto, grano, mais, o davano un paio di lire egiziane, una ai musicisti o una alla ballerina. Adesso guadagnamo anche 100 lire egiziane per sera!  Il compenso é separato per i musicisti e le ragazze,  le offerte del pubblico sono però ripartite.

Le ballerine indossano un vestito con lustrini confezionato da loro stesse o dalle colleghe più anziane, che ormai non danzano più. Il costume tradizionale é quello che ancor oggi viene usato per la danza con il mizmar, é di origine “faraonica”.

L‘abito lungo usato per la danza con la rababah é invece nuovo. Qui in alto Egitto le ballerine si chiamano Ghawazee (sing.  Ghaziyah). Che differenza c’é con le Awalim (sing. almah)? Le awalem sono quelle della  città, della Mohammed Ali Street al Cairo. Non derivano da una famiglia di artisti. Ad  esempio, una ragazza fa l’amore con un tizio e si allontana della famiglia. Quello si prende  gioco di lei e la pianta, per vivere impara a cantare e a ballare e tira avanti in questo modo. Oppure ama un musicista, che la introduce nell’ambiente. Le Ghawazee invece sono  professioniste, nella loro famiglia ballano tutte. Da  noi non ci sono ballerini maschi sono solo nei grandi complessi, come la Ferqat Reda o la Ferqat Qawmiyyah.  La danza maschile era effettuata solo dagli arabi (= beduini). Si dispongono in una fila  (tabur) di 20-30 persone e danzano ritmando il tempo con il battito delle mani. Una ragazza velata, della loro stessa famiglia, balla dinanzi  a loro. Questo soprattutto più a sud, verso Edfu. Anche nelle nostre  feste talvolta ci sono ragazzi che ballano, ma sono solo degli  appassionati, non professionisti. C’é la raqset El Haggalah, fatta da uomini e donne della stessa tribù, gli arabi Sallum, disposti dieci da una parte e dieci dall altra.

la danza zingara

la danza gitana

Una volta i tatuatori venivano il giorno del mercato. Esponevano un pannello che costituiva il loro “catalogo” dei tatuaggi, per far scegliere al cliente. Gli uomini si facevano tatuare spade,  cavalieri, leoni ai polsi, upupe a fianco degli occhi…Le donne invece si facevano tatuare il mento, i polsi, il petto, nel mezzo, partendo dall’ombelico: una palma in senso verticale e ai lati, sopra il seno, due leoni.

In passato non c’era molto lavoro, cercavamo di guadagnare qualcosa nei Mulid (anniversari dei santi). In tale occasioni c’erano feste, danze, poeti, caffè, tutti i divertimenti. Andavamo anche ai Mulid dei cristiani, ai Mulid di San Giorgio  a Er Reziqat, presso Armant, il piu  grande del mondo. II governo ne ricava entrate per 100 mila lire egiziane. La gente sgozza pecore  in sacrificio: il vescovo ne prende un quarto, il convento e le guardie un quarto, e la  metà va al Wafq, al governo. Si lavora anche quando qualcuno parte e ritorna dal pellegrinaggio. Anche i cristiani ci chiamano per le loro feste di circoncisione o di nozze. Non c’è differenza. I cristiani e noi (=musulmani) siamo fratelli, gli ebrei sono figli di nostro zio. Il nostro comune progenitore è Ibrahim El Khalil (Abramo)”. Adesso però per il Hajj (pellegrinaggio), non ci sono più danze, ma di solito viene chiamato uno sheikh che organizza una Hadrah (o Dhikr). La banda, il mizmar o la rababah accompagnano poi il pellegrino e il corteo alla stazione”.

I musicisti e il canto epico

“Gli zammarin non sono della nostra gente, ma originari del posto; sono diventati musicisti di professione, ma il loro  padre poteva essere un fellah. Ci sono zammarin a Qoft e a Jarajos, e più a nord a Banja e Bardis. Alcuni sono andati al Cairo, come la fami- glia Al Hindi. Gli stili sono diversi, ma i migliori musicisti sono gli zammarin dell’ Alto Egitto.

Anche  i migliori suonatori di rababa sono dell’Alto Egitto. Una volta erano tutti mendicanti (shahhatin): passavano di porta in porta, si facevano dire i nomi o  altre informazioni e ci improvvisavano sopra delle lodi e dei complimenti, accompagnandosi con la rababa. In cambio ricevevano un po’ di cibo. Il musicista era solo, non in gruppo come adesso, e si spostava con un asino.

Anche i poeti che cantavano le gesta di Abu Zeyd Al Hilali giravano per i villaggi e le case di campagna. Radunavano la gente suonando per il paese con la rababa e poi organizzavano un’assemblea (rnajlis) in uno spiazzo, tutti seduti per terra. Lo sha’er (il poeta) iniziava la sua esibizione con una lode (madih) al Profeta, e cantava quindi un episodio del ciclo epico(sirah) dei Bani Hilal. I presenti offrivano qualche soldo, ponendolo in una ciotola messa davanti al musicista. Talvolta erano in due: il poeta con la rababa, accompagnato da un altro col tamburello. C‘erano poeti famosi come Hamdan, di giorno pescatore e di notte poeta. Si  esibiva qui a Luqsor durante il Mulid di Abu I-Hajjai. Ma i tempi sono cambiati: la gente adesso vuole canzonette, danze, cose insulse. Ci sono poeti con le rebabe o senza. Suonano nei caffé, nelle feste di matrimonio o di circoncisione, nei Mulid. Il ciclo epico piu famoso e più amato qui in Alto Egitto è quello di Abu Zeyd Al Hilali. Altre storie come quella di Anter ibn Shaddad o di Dhat El Himmah non sono She’r (poesie) ma racconti (Rivvayat)  tratti dai libri. Come le Mille e una notte, tutte storie da libri. Ci sono poeti fellah e poeti professionisti (=zingari). Jeber Abu Huseyn è il più grande poeta dell’Egitto. E’ di origine contadina, di un paese presso Sohaj. Un   poeta deve avere una bella voce, conoscere bene le poesie, eseguire con bravura il canto. Deve insomma saper eseguire le poesie nell‘ordine giusto (Nizam) con una buona tecnica (Ada’). Deve saper rnontare le parole (yerakkeb) e   fare una conclusione, in modo tale che l’ascoltatore sia invogliato a tornare la sera  successiva per vedere come va a finire.

Se uno come Jaber puo sposare una Nawarah? Se la nostra ragazza sposa un fellah non balla più: la fa restare in casa. Ma se sposa un artista può continuare a ballare. Jaber non è  un Fannan (artista di professione per tradizione famigliare) ma un  Ghewi (amatore). Si é messo in questo mestiere anche perché ha sposato una Maslubah e ha imparato la poesia.

Tra i Mataqil, i compianti Tawfiq e Qenawi, e i loro figli Shamandi e Mohammed sono stati bravi poeti. Anche tra i Masalib ci sono poeti, come Seyyed Ed  Duwi e Nadi Othman. “Sanno”  le poesie perché è il loro mestiere.

Anche una volta il poeta si chiamave Sha’er, sha’er es- sirah el- hilaliyyah. Ci sono anche altri poeti (cioè poeti dialettali o in lingua classica), come ad esempio Abd Er-Rahman el-Abnudi, ma questi non sono “poeti della rababa” o di Abu Zeyd. Il poeta non puo fare quelloche vuole. E’ necessario che segue la tradizione: al principio deve cantare le lodi del Profeta (yemdah) e la menzione di Dio (yedhkar). Solo adesso può iniziare con Abu Zeyd. Anche nella conclusione deve riprender il Madih iniziale. Ogni tanto puo interrompersi, per riposare, bere il caffe  o il tè; quando riprende deve iniziare ancore con un Madih. Il poeta che”afferra” direttamente l’episodio non  è Sha’er. Invece chi canta solo lodi al Profeta è un Maddeh, non uno Sha’ er. Sha’er e quello che declama le gesta degli Arabi, vera poesia è solamente la Sirah dei Bani Hilal”.

La lingua dei Nawar

danza gitana

danza zingara

“La nostra lingua d’origine é la persiana, ma poi si è modificata nel contatto con i Nawar e  con le altre genti. Per dire “Ma fish ‘esh” (non c’é pane),`loro dicono “Maku nan” (in Iraq maku= non c’e; in Persiano nan=pane), mentre noi possiamo dire “Makuwa nan”. Questa è pure lingua persiana, lo stesso vale per i numeri: yaki, dow, sos. ln Egitto non capiscono  questi numeri, perché è la nostra lingua. In Iran però li capiscono. Impieghiamo questo rotani (gergo) nel nostro lavoro. Ma i giovani ormai vanno a scuola, non vogliono più imparare la nostra lingua. Vogliono apprendere le lingue europee, per avere in futuro un buon posto. E  chi impara questo non vuole piu saperne del passato , vuol solo prendere un  diploma e impiegarsi. Così la nostra lingua andrà persa con  la nuova generazione”…. In questo rotani possiamo parlare di ogni cosa, é una lingua completa. La lingua dei Bahlawan é invece diversa. Gli Halab non hanno una lingua, ma solo parole contraffatte, senza fondamento. Anche gli zammarin hanno qualche parola gergale; ad esempio l’ancia del loro strumento si    chiama qeshshaya (paglia), chiamano la donna con questo nome! Invece il dischetto metallico dove va fissata l’ancia si chiama mat’am (luogo in cui si mangia), e cosi chiamano l’ uomo! Nella nostra lingua non c‘ é un nome per i suonatori di rababa o di flauto, né per la tablah. Chiamiamo gli zarnmarin “rnoramiyat el-malgam” (quelli che usano la bocca). Naturalmente ci sono molte cose nuove, che non esistevano nel passato; per alcuni oggetti costruiamo un nome, come per la radio, rnozanger (quello che parla) o l’orologio, moramit fawit (che indossa la mano).  l nostri nomi sono arabi Yusef, Musa… sono nomi antichi. Se ci sono parole con la ‘ain? Ce ne sono, come ‘amush (zio) e ‘azb (ghinea, lira egiziana). Anche la qaf esiste, ad esempio qanes (che sta in piedi). Noi parliamo come la gente dell’Alto  Egitto, con la gal (la qaf viene prenunciata “g” in alcune zone), con la jim (suone j dolce invece di gim dura come nel resto dell‘Egitto). Al Cairo pronunciamo la gim perché una volta un despota uccideva tutti quelli che pronunciavano la jim! Era all’epoca dei Greci. Non so se la nostra lingua sia mai stata scritta, non credo. Forse con l’alfabeto arabo-persiano. Se cerchi là in Kurdistan forse troverai qualcosa.

Nella nostra lingua possiamo dire qualunque cosa. Ma talvolta, ad  esempio se viene qualcuno per accordarsi su una festa e mia figlia dice una parola su cui non sono d’accordo, mi limito a farle un segno, un colpo di tosse o altro. Lei capisce, ma gli altri no, e così non si insospettiscono sentendoci parlare una lingua che non conoscono. In ogni caso tra di noi  parliamo ormai quasi sempre arabo (= l’arabo dell’Alto Egitto)”.